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ALCOL IN GRAVIDANZA: 6 DOMANDE AL GINECOLOGO

Il consumo di alcol fra le donne in età fertile è un problema in crescita. Il dottor Maurizio Podestà, specialista in ginecologia, parla della diffusione del fenomeno e spiega i rischi in cui possono incorrere una donna in gravidanza e il suo bambino.

 L’abuso di alcol è un problema che coinvolge molte donne?

Si tratta di un problema sottostimato ma in enorme crescita fra le donne e fra le donne giovani, in età fertile. Basti pensare che negli anni Ottanta a consumare alcolici era il 43% del sesso femminile, oggi la percentuale ha raggiunto il 70%.

 Quali sono i rischi per la donna?

Le bevitrici aumentano, ma pochi sanno che la donna è maggiormente a rischio di danno e dipendenza rispetto all’uomo per ragioni polmonari, per attività enzimatica differente (con riferimento all’enzima responsabile dell’eliminazione dell’alcol) e per composizione corporea.

Come reagisce il corpo all’assunzione di alcol?

Appena assumiamo alcol il corpo si mette in moto per distruggere la sostanza tossica. L’alcol deidrogenasi è l’enzima responsabile dell’eliminazione dell’alcol ma nelle donne è meno attivo rispetto all’uomo, perché gli estrogeni femminili ne rallentano la funzione. L’alcol, dunque, rimane per un periodo di tempo più lungo all’interno del corpo ed è più facile che venga assorbito dall’organismo.

 Alcol in gravidanza: quali rischi?

Gli effetti negativi sul feto sono diretti: l’alcol passa la barriera placentare, quindi dalla madre arriva immediatamente al feto. L’alcol ha un effetto direttamente tossico e crea apoptosi, ovvero morte cellulare, colpendo elettivamente i neuroni e altri tipi di cellule del sistema nervoso. L’alcol agisce anche in maniera indiretta causando un danno placentare che può portare una serie di problemi diversi, fra cui il ritardo della crescita.

 Quali conseguenze sul feto?

I disturbi neonatali derivati dall’abuso di alcol sono eterogenei. Fra le situazioni più gravi ricordiamo la sindrome feto alcolica, ma ci sono casi molto più sfumati, che alla nascita è difficile ricondurre con sicurezza all’abuso di alcol. Spesso la diagnosi è difficile, a meno che non sia la madre ad ammettere di avere consumato alcolici durante la gravidanza.

 Alcol in gravidanza: è concesso in piccole quantità?

La questione è dibattuta, non esiste infatti una soglia minima entro la quale sia dimostrato che mamma e figlio non subiscono danni. Il messaggio che è importante trasmettere alle future mamme è quello di non assumere alcuna bevanda alcolica durante i mesi di gravidanza, nonché durante l’allattamento.

L’intervista è andata in onda su Salute88, canale 88 del digitale terrestre.

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Macchie solari: l’aloe vera può servire?

Le cosiddette “macchie solari” della pelle rappresentano un diffuso inestetismo, che può essere trattato in vari modi.

Si parla più correttamente di melasma, o cloasma, e ci si riferisce a un disturbo causato dall’eccessiva produzione e accumulo, a livello cellulare, di melanina, il pigmento sintetizzato dai melanociti per proteggerci dai danni causati dalla foto-esposizione.

L’iperpigmentazione cutanea può essere trattata con vari metodi naturali, senza dimenticare tuttavia la necessità di utilizzare una protezione solare adeguata con SPF elevato e di rivolgersi a un dermatologo, che suggerirà i trattamenti più indicati per ogni singolo caso.

In linea generale, tra le sostanze naturali più efficaci per il trattamento delle “macchie scure” della pelle è annoverata l’aloe vera.

L’utilizzo dell’aloe può davvero essere utile nel trattamento del melasma?

La risposta è sì, soprattutto nei casi di più lieve entità: si può utilizzare, ad esempio, un gel di aloe vera applicandolo regolarmente e con costanza sulle zone interessate dal disturbo, fino a quando l’inestetismo si attenua visibilmente o, addirittura, scompare.

È evidente che nei casi più gravi di iperpigmentazione cutanea l’utilizzo del solo gel di aloe vera non sia sufficiente: è doveroso sottolineare che sarà lo specialista a indicare trattamenti dermatologici ad hoc, come crioterapia, peeling di depigmentazione e laser, o l’utilizzo di cosmeceutici a base di alfa-idrossi-acidi e idrochinone.

Tuttavia, anche in questi casi, l’utilizzo di un gel a base di aloe vera o di creme formulate con questa preziosa sostanza può rivelarsi utile come “coadiuvante” nel trattamento del melasma, poiché l’aloe è caratterizzata da una elevata capacità di rigenerare la pelle fragilizzata da altri trattamenti e idrata in profondità.

Quali altri rimedi naturali possono essere utilizzati per contrastare le “macchie solari”?

Tra gli altri rimedi che la natura ci regala per contrastare questo inestetismo cutaneo ricordiamo l’olio di rosa mosqueta, sostanza che favorisce il turn-over cellulare a livello cutaneo e migliora l’aspetto delle macchie determinate dall’esposizione al sole.

Un altro rimedio contro le “macchie solari” consiste nell’applicazione sulla cute di un decotto di radice di genziana, che si applica per circa un quarto d’ora e va poi risciacquato in modo delicato.

Inoltre, è possibile contrastare il melasma, sfruttando le proprietà antiossidanti e sbiancanti del succo di limone, applicandone poche gocce sui “punti nevralgici” prima di coricarsi: in alternativa, si può optare anche per un impacco di acqua di rose e succo di limone.

L’acqua di rose si può mescolare anche con altre sostanze: basta mescolare 100 ml di acqua di rose con un cucchiaio di santalum paniculatum e applicare la soluzione sulla zona interessata, lasciando in posa per almeno 15 minuti.

Per quali altri tipi di disturbi si possono sfruttare le proprietà dell’aloe vera?

L’aloe contiene molte sostanze attive e, per questo, può apportare molti benefici al nostro stato di salute.

A livello cutaneo, l’aloe viene utilizzata in formulazioni quali gel per uso esterno: agisce come cicatrizzante, idratante ed emolliente, poiché ricco in collagene e vitamina C, riducendo il tempo di riparazione dei tessuti e viene dunque applicato su ferite, bruciature, ematomi, punture di insetti e scottature derivanti da foto-esposizione.

Inoltre, si può utilizzare il puro succo di aloe per uso interno, come gastro protettivo, antibatterico, lassativo e depurativo/detossificante del tratto gastrointestinale.

In particolare, il succo di aloe vera è un vero e proprio gastroprotettore, poiché è capace di tenere sotto controllo lo sviluppo di batteri nocivi nell’intestino e allo stesso tempo riduce l’eccessiva acidità di stomaco aumentando i livello di pH.

L’aloe possiede poi proprietà antivirali, antibatteriche, immunostimolanti e il succo di aloe risulta ricco in minerali, amminoacidi (cisteina) e vitamina C, E, B2 e B6 a cui si deve l’azione antiossidante ed anti-age di questo prezioso vegetale.

Dr.ssa Elisabetta Ciccolella, specialista in Chimica e Tecnologie farmaceutiche e farmacista.

LA VITAMINA D: COME E QUANDO INTEGRARLA CORRETTAMENTE

Attualmente parlare di vitamina D è di moda. È un argomento molto discusso sui siti web, su molte riviste, tra amiche ed a lavoro, però alcune volte il medico è l’ultimo ad essere consultato. Cʹ è da chiedersi quindi, se sappiamo veramente di cosa parliamo.

La vitamina D è così chiamata perché è stata scoperta dopo la vitamina A, la B e la C, ma non è una vitamina.
È un pro ormone liposolubile che comprende un gruppo di molecole simili agli ormoni steroidei denominate secosteroidi che sono la vitamina D1, D2, D3, D4, D5 (fig.1).

Di queste cinque, solo la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo) sono contenute negli alimenti e rispettivamente, la vitamina D2 è contenuta nelle piante e nei funghi e la vitamina D3 nel pesce grasso (tonno, salmone, sgombro), nelle uova e nei prodotti caseari.

Purtroppo, in questi alimenti il contenuto di vitamina D è poco e variabile e quindi, la nostra principale fonte è l’esposizione della cute alla luce solare. La vitamina D è metabolizzata dal fegato e dai reni. Il fegato idrossila una prima volta la vitamina che viene poi, ulteriormente idrossilata dai reni in 1,25(OH)2 D che è la forma ormonale biologicamente attiva. Molti sono gli studi che parlano dei possibili effetti della 1,25(OH)2 D su diversi organi (Fig.2). Si ipotizzza che questo ormone possa aumentare la forza e la coordinazione dei muscoli, ridurre la pressione arteriosa ed il tono vasale, migliorare la funzionalità cardiaca, avere effetti positivi sulle malattie croniche, effetti immunoprotettivi, neuroprotettivi ed antitumorali ed un deficit di vitamina D sembrerebbe associato ad un maggior rischio di sviluppare diabete ed asma (Norman A.W. 2008; Casado E. 2017). Bisogna però, fare molta attenzione perché molti di questi effetti e dei relativi meccanismi non sono ancora chiari e ben definiti e mancano dati basati sulle evidenze scientifiche (Ciaferotti e coll. 2017, Autier P. e coll. 2017). Ma cosa fa la vitamina D? possiamo dire che il ruolo di questo ormone nella prevenzione e nel trattamento delle malattie metaboliche ossee attraverso la regolazione dei livelli plasmatici di calcio e fosforo è ormai certo ed ampiamente riconosciuto. La vitamina D aumenta l’assorbimento intestinale e renale di calcio e mobilizza il calcio ed il fosforo dall’osso ed un suo deficit stimola un aumento del paratormone che conseguenzialmente aumenta l’assorbimento di calcio a livello renale. Una carenza di vitamina D, oltre a contribuire alla comparsa di una debolezza muscolare stimola quindi, un aumento della sintesi del paratormone che determina un aumento della perdita della massa ossea, inoltre una diminuizione dell’ assorbimento di calcio può portare ad un deficit di mineralizzazione ossea ed osteomalacia. Quali sono i valori normali di vitamina D? Al momento non vi è un accordo tra le diverse società scientifiche visto che i livelli plasmatici di questo ormone posso variare in rapporto alla stagione, al luogo dove si vive, al sesso, al colore della pelle ed all’obesità. Sembrerebbe che i livelli plasmatici di vitamina D aumentino in estate e siano più alti al sud, mentre diminuiscano tra le femmine e negli obesi. Nel 2011 sono state aggiornate le soglie plasmatiche di riferimento della carenza, insufficienza e sufficienza di questo ormone. Si parla di una sua carenza se il livello plasmatico risulta inferiore a 20 ng/ml, di insufficienza se risulta tra i 20 e 30 ng/ml e di sufficienza se è tra i 30 e 100 ng/ml (Holick M.F. e coll. 2011). Integrare la vitamina D è semplice, può essere assunta sottoforma di gocce, capsule o flaconcini. Purtoppo, abbiamo detto che il più delle volte con la sola dieta e l’ esposizione solare non si raggiungono dei livelli sufficienti di vitamina. Quindi, in caso di carenza ed insufficienza il medico supplementerà questo ormone con assunzioni giornaliere o settimanali o mensili e secondo dosi suggerite dalle attuali linee guida. Il tipo di terapia dipende dal paziente, dalla sua collaborazione e dall’aderenza al programma terapeutico. Inoltre, le modalità dipendono anche dal tipo di integrazione se con colecalciferolo o con calcifediolo. In genere, dopo circa 2 mesi di terapia si ripetono gli esami ematici per valutare il livello di vitamina raggiunto e decidere di proseguire con una dose di mantenimento. Quando si può consigliare di controllare la vitamina D? Nei giovani e nelle persone sane un controllo della vitamina D va fatto solo dopo aver consultato il medico, sarà infatti, il medico a valutare se è indicato eseguire un controllo. Invece, è necessario e doveroso sottoporre ad uno screening della vitamina D le persone affette da patologie ossee come l’osteoporosi e l’osteomalacia, gli anziani, soprattutto quelli con storia di cadute e fratture, le persone affette da sindromi da malassorbimento, quelle con insufficienza epatica ed insufficienza renale, con iperparatiroidismo, gli obesi, le donne in gravidanza ed allattamento e quelli che assumono i farmaci antiosteoporotici (Cesareo R. e coll. 2018). Tutte queste persone sono infatti, più a rischio di avere una insufficienza o carenza di vitamina D. La carenza di calcio e vitamina D rappresenta la causa più comune di mancata risposta alla terapia farmacologica antiosteoporotica per cui si raccomanda di associare sempre un adeguato apporto di calcio e vitamina D ad un qualsiasi trattamento farmacologico dell’osteoporosi. L’osteoporosi è infatti, una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una ridotta massa ossea e da alterazioni qualitative dell’osso che si accompagnano ad un aumento del rischio di frattura (Adami S. e coll. 2009). La diagnosi di osteoporosi si fa eseguendo una indagine densitometrica la così detta DEXA (Dual Energy X-ray Absorptiometry) che oggi consente di misurare in modo preciso la densità minerale ossea per poter valutare il rischio di frattura. Questo esame è raccomandato nelle donne dopo i 65 anni di età e nei maschi e femmine di età inferiore, ma che presentano dei fattori di rischio: che siano in menopausa precoce (prima dei 45 anni), magri ( con peso inferiore ai 57 kg) , nei fumatori, in quelli che fanno uso di farmaci osteopenizzanti (cortisonici, psicofarmaci ecc.). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità siamo davanti ad una osteoporosi se all’esame DEXA il T-score è inferiore a -2.5 DS e ad osteopenia, se il T-score è compreso tra -1,0 e -2,5 DS (Fig.3). In conclusione, non tutti hanno bisogno di supplementare la vitamina D. Questa va supplementata solo quando nei soggetti a rischio, se ne documenti una insufficienza o carenza e sempre sotto il controllo del medico. Una adeguata assunzione di vitamina D e calcio è necessaria quando si assumono i farmaci per l’osteoporosi (bifosfonati, ralenato di stronzio, teriparatide, denosumab). Infine, è importante sottolineare che l’efficacia terapeutica di questa vitamina è garantita solo a livello del metabolismo scheletrico, per le altre possibili applicazioni, anche se i dati sperimentali sono molto promettenti, attualmente non abbiamo studi clinici randomizzati a garantirne e giustificarne l’utilizzo. L’intergrazione di questo ormone quindi, non deve essere una moda, ma va fatta in modo corretto secondo dosaggi e modalità stabilite dal medico per evitare inutili spese e possibili effetti tossici.

DANNI DA ALCOOL

Spesso i pazienti chiedono: bere un bicchiere di vino (birra o superalcolico) fa bene al cuore?  Voglio ricordare il paradosso francese, legato, si badi bene, al resveratrolo, e non all’alcol: sul finire degli anni ’80, due Scienziati (Renaud e De Lorgeril) studiarono la correlazione esistente tra mortalità dovuta a malattia coronarica e assunzione di grassi animali nella dieta. I campioni di popolazione studiati confermarono che, tanto maggiore era il consumo medio giornaliero di grassi animali, tanto più elevata era la mortalità. Tra tutti i Paesi esaminati, solo il campione francese (raccolto tra le città di Lille, Strasburgo e Tolosa) fornì risultati contrari. Nonostante l’elevato consumo di grassi animali, i francesi facevano registrare il più basso tasso di mortalità per malattia coronarica. I due Ricercatori cercarono di dare una risposta a tale paradosso. Dall’osservazione statistica del maggior consumo di vino in terra francese, scaturì l’ipotesi che tale bevanda potesse controbilanciare gli effetti dell’elevata ingestione di grassi animali. Ma, poichè gli effetti negativi dell’alcol erano già stati ampiamente documentati, il secondo passo fu quello di ipotizzare che, alla base del paradosso francese, non ci fosse l’alcol, ma altre sostanze presenti nel vino e non ancora indagate. Lo studio della bevanda portò alla scoperta del resveratrolo (Siemann e Creasy – Cornell University, Ithaca, NY, Usa- 1992) e di altre sostanze simili, quali il piceatannolo, lo pterostilbene, l’epsilon-viniferina, il piceide (glucoside del resveratrolo).

Nutrienti contenenti il resveratrolo

Il resveratrolo è una sostanza prodotta da diverse specie vegetali che, grazie alle sue spiccate proprietà antiossidanti, contribuisce a proteggere il nostro organismo dalle patologie cardiovascolari e tumorali.

Nel regno vegetale, il resveratrolo, dotato di funzioni antifungine, si trova in particolare nella buccia dell’uva e nel vino, in misura maggiore in quello rosso. Ma le benefiche proprietà ascrivibili al vino dipendono da diversi fattori, primo tra tutti la dose, che dev’essere moderata (1-2 bicchieri al giorno nell’uomo, un po’ meno nella donna).

 

Un’altra evidenza scientifica dimostra che il consumo di alcol, oltre le soglie indicate per gli adulti dalle principali società scientifiche (un bicchiere al giorno per le donne, due per gli uomini, uno per tutti dopo i 65 anni) aumenta il rischio di rimanere vittime di un evento cardio o cerebrovascolare. Queste sono le conclusioni di un ampio studio pubblicato sulle colonne della rivista scientifica «The Lancet».

 

Nelle donne e oltre i 65 anni il limite superiore è un bicchiere di vino al giorno

La metanalisi (sono state passate in rassegna le conclusioni di 83 studi prospettici) ha confrontato le abitudini di salute e il consumo alcolico di circa seicentomila bevitori attuali, appartenenti a 19 diversi Paesi, considerando i diversi fattori di benessere cardiovascolare: l’età, il fumo, l’eventuale presenza di diabete, i livelli d’istruzione e occupazione.

Come limite massimo di consumo, sono stati considerati cinque bicchieri settimanali, pari a cento grammi di etanolo: corrispettivo di cinque pinte di birra di moderata gradazione o di cinque bicchieri di vino. Si è dimostrato che, chi beveva oltre il limite, aveva una ridotta prospettiva di vita: fino a 4-5 anni in meno, negli individui che arrivavano a consumare diciotto drink settimanali. I Ricercatori hanno anche esaminato l’associazione tra consumo di alcol e diversi tipi di malattie cardiovascolari. Da qui l’associazione con eventi ad alto rischio, quali ictus e aneurismi cerebrali, insufficienza cardiaca, aneurisma dell’aorta e ipertensione. La conclusione è stata che non ci sono soglie, al di sotto delle quali, si possa dire che l’alcol determini un beneficio per la salute cardiovascolare.

 

Queste considerazioni, che riportano opposti punti di vista, confermano che gli studi scientifici e i dati statistici, in Medicina, vanno presi con le pinze e sono suscettibili di molte variabili, oltre che essere influenzati da differenti impostazioni nella conduzione dello studio. Ma, in questi due casi citati, il risultato è univoco ed è supportato dal buon senso clinico. Un uso moderato di alcolici può dare qualche beneficio, ma un uso eccessivo dà sicuramente effetti negativi.

 

Bevande alcoliche

Le bevande alcoliche sono costituite per la maggior parte da acqua, e, per la restante parte, da alcol etilico (o etanolo); una quota, di entità minima, è rappresentata da altre sostanze, sia naturalmente presenti che aggiunte: composti aromatici, coloranti, antiossidanti, vitamine, ecc.

Acqua a parte, il costituente fondamentale e caratteristico di ogni bevanda alcolica è l’etanolo, sostanza estranea all’organismo e non essenziale, anzi, per molti versi, tossica.

Il corpo umano è per lo più in grado di sopportare l’etanolo, senza evidenti danni, a patto che si rimanga entro i limiti di quello che si intende oggi come consumo moderato, vale a dire non più di 2-3 Unità Alcoliche (U.A.) al giorno per l’uomo, non più di 1-2 per la donna e non più di una per gli anziani.

 

Una Unità Alcolica (U.A.) corrisponde a circa 12 grammi di etanolo; una tale quantità è contenuta in un bicchiere piccolo (125 ml) di vino di media gradazione, o in una lattina di birra (330 ml) di media gradazione o in una dose da bar (40 ml) di superalcolico. L’equivalente calorico di un grammo di alcol è pari a 7 kcal.

 

Unità alcoliche per bevanda:

Vino da pasto (11 gradi, un bicchiere da 125ml): 1 U.A

Vino da pasto (13,5 gradi, un bicchiere da 125ml): 1,1 U.A

Birra (4,5 gradi, una lattina da 330ml): 1 U.A

Birra doppio malto (8 gradi, un boccale da 200ml): 1 U.A

Aperitivi alcolici (20 gradi, un bicchierino da 75ml): 1 U.A

Cognac, Grappa, Vodka (40 gradi, un bicchierino da 40ml): 1,1 U.A

 

 Consumo di alcol nella storia dell’uomo

Il consumo di alcool è molto antico, tanto che già l’Antico Testamento, narrando l’ubriacatura di Noè (Genesi 9, 20-27), testimonia il radicato legame tra uomo e vino.

Ampiamente rappresentato anche nei pittogrammi egizi, il consumo voluttuario di sostanze alcoliche si è lentamente diffuso in tutto il mondo, fino ad arrivare ai giorni nostri, dove l’ampia disponibilità di liquori distillati ad elevata gradazione alcolica ha notevolmente aumentato l’incidenza dell’alcolismo. Il termine alternativo di etilismo è più comunemente inteso come una tossicodipendenza da alcol etilico e può indicare anche l’evento di intossicazione acuta.

I danni correlati all’abuso di alcol rappresentano, oggi più che mai, un problema sociale di primaria importanza.

 

Esiste una crescente preoccupazione, a livello sia sociale che politico, sui danni associati ad un consumo eccessivo di alcol, soprattutto nei giovani. Si ritengono prioritari, per le politiche in questo campo, lo sviluppo e il perfezionamento di strategie per prevenire il consumo eccessivo e il binge drinking, specialmente tra i giovani adulti (18-29 anni) e i minori, massimizzando la collaborazione tra policymaker, scuole, produttori di bevande alcoliche, mezzi di comunicazione, società civile e Ricercatori.

 

Danni da alcol.

Parlare dei danni da alcol significa parlare di molte patologie, che possono derivare da un eccesso di potus etilico.

L’alcolismo è una comune malattia da abuso di sostanze, che porta a significative complicanze mediche. L’alcol colpisce praticamente tutti gli organi e gli alcolisti sono a maggior rischio di cirrosi epatica, di emorragia gastrointestinale, di pancreatite, di cardiomiopatia, di traumi, di disturbi mentali quali depressione, blackout e demenza e di un’ampia varietà di tumori.

I Pazienti spesso hanno una visione molto alterata della loro dipendenza – uno stato definito come rifiuto – e devono essere resi consapevoli delle numerose e devastanti complicazioni a breve e a lungo termine dell’abuso di alcol. Gli studi hanno rilevato che una riduzione del consumo di alcol può portare a una salute fisica migliore e ad una migliore qualità della vita. L’abuso di alcolici può essere trattato in vari modi.

 

L’abuso di alcol è la seconda causa più comune di cirrosi negli Stati Uniti, dopo l’epatite C.  La cirrosi epatica si sviluppa quando il tessuto cicatriziale sostituisce il tessuto normale e sano nel fegato. Ciò accade dopo che le cellule sane sono state danneggiate per un lungo periodo di tempo. Il tessuto cicatriziale rende il fegato bitorzoluto e duro, e l’organo diventerà insufficiente. Il tessuto cicatriziale rende difficile il passaggio del sangue dalla vena porta attraverso il fegato e ciò determina ipertensione portale ed emorragie intestinali.

 

I danni al parenchima epatico, dovuti all’alcol, portano a fibrosi progressiva, producendo un aspetto nodulare del fegato. La successiva maggiore resistenza al flusso sanguigno portale induce l’ipertensione portale, che può causare splenomegalia, ascite trasudativa e varici esofagee. L’immagine della tomografia computerizzata (CT) può evidenziare le varici esofagee molto prominenti. I protocolli multifasici TC e la risonanza magnetica (MR) possono essere utilizzati in Pazienti con sospetto di malattia epatica. La gastroscopia è mandatoria per stadiare il rischio emorragico.

 

L’ingestione di oltre 60 g di alcol al giorno provoca cambiamenti morfologici al fegato. Il primo di questi cambiamenti è la sostituzione grassa o steatosi epatica. Si ritiene che il fegato grasso alcolico sia dovuto ad un aumento degli acidi grassi e del glicerolo 3-fosfato. Per quanto riguarda l’imaging diagnostico, il fegato apparirà più scuro rispetto alla milza nelle scansioni TAC, più ecogeno (cioè più luminoso, perché più riflettente) rispetto al rene, all’ecografia con ultrasuoni (US), e perderà il segnale alle sequenze sfasate sulla risonanza magnetica (MRI). La risonanza magnetica, in particolare, è un mezzo eccellente per valutare anche complicazioni successive, come l’ipertensione portale, l’ascite e l’HCC (epatocarcinoma). La steatosi epatica è reversibile, ma se l’ingestione di alcol non viene ridotta, si svilupperà un’epatite alcolica, seguita da cirrosi alcolica.

 

Ecografia con fegato iperecogeno (chiaro/iper-riflettente) rispetto al rene destro (più scuro)

Le varici si sviluppano secondariamente alla cirrosi, che modifica la pressione e i gradienti di flusso del circolo portale. I luoghi classici per le varici cirrotiche sono l’esofago, il retto, lo stomaco e la parete addominale. Man mano che le varici crescono di dimensioni, il rischio di rottura ed emorragia aumenta drasticamente. I punti rosso ciliegia alla gastroscopia sono indicativi di emorragia recente o imminente (con sanguinamento da varici nell’esofago, che potenzialmente si rivela fatale). I Pazienti che hanno sanguinato da varici esofagee hanno una probabilità del 70% di risanguinamento entro un breve periodo, con rischio per la vita.

 

Emorragia da varici esofagee

Il sanguinamento a volte è l’unico segno e sintomo di varici esofagee. Altri sintomi clinici includono sangue nel vomito, feci nere, catramose o feci sanguinolente, vertigini, battito cardiaco accelerato e perdita di coscienza, dovuti all’ipotensione emorragica.

 

Alcolismo (problema psichiatrico)

L’alcolismo, definito nel DSM-5 come “uso problematico di alcol”, è una malattia psichiatrica cronica, recidivante e potenzialmente mortale. Il termine DSM è l’acronimo di Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders («Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali») ed è uno degli strumenti diagnostici per disturbi mentali più utilizzati da Medici, Psichiatri e Psicologi di tutto il mondo. L’attuale versione è il DSM 5.

 

L’alcolismo è un disturbo caratterizzato dall’incapacità di astenersi dal consumare alcolici, con perdita di controllo sull’abitudine al bere e sviluppo di tolleranza, astinenza e dipendenza. L’alcolista tende a bere frequentemente grandi quantità di alcolici, perdendo la possibilità di bere in maniera moderata.

 

Chi è affetto da alcolismo sviluppa, nel tempo, una serie di gravi sintomi fisici e psicologici, oltre a danni nella sfera sociale. I danni fisici più rilevanti colpiscono in particolare il cervello e il fegato, anche se, in generale, tutti gli organi sono danneggiati dall’alcol. In gravidanza, l’abuso alcolico può danneggiare enormemente lo sviluppo del feto. Da un punto di vista psicologico, chi soffre di alcolismo può manifestare alterazioni della personalità e sviluppo di aggressività. Può evidenziarsi un deterioramento nelle capacità cognitive (memoria, attenzione, concentrazione). L’alcolismo provoca numerosi danni alla vita relazionale, familiare e lavorativa dell’individuo, con frequenti litigi, perdita del lavoro, separazioni etc.

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato, nel 2010, che le persone affette da alcolismo nel mondo erano circa 208 milioni (il 4,1% della popolazione mondiale oltre i 15 anni). L’alcolismo è più comune nei maschi e nei giovani adulti (anche se i danni dell’alcol sono più pesanti nel sesso femminile) ed è considerato uno dei problemi sanitari e sociali più rilevanti.

 

Da molti anni è stato lanciato l’allarme sull’uso e abuso smisurato di sostanze alcoliche e numerosi sono i tentativi per arginare questo problema, soprattutto con campagne di prevenzione e sensibilizzazione. La dipendenza alcolica è un fenomeno talmente grande da essere considerato una delle principali problematiche di salute al mondo. Da uno studio epidemiologico, condotto negli USA, è emerso che circa il 13% delle persone, ad un certo punto della vita, soddisfa i criteri del DSM per la diagnosi di abuso di alcol e il 5% per la diagnosi di dipendenza da alcol. L’alcolismo è una problematica in crescita e l’abuso alcolico si diffonde soprattutto fra i più giovani.

 

A peggiorare la situazione è la presenza di numerosi luoghi comuni che sono legati all’alcol. La maggior parte delle persone infatti non è a conoscenza dei potenziali danni legati all’alcolismo. Alcuni dei principali luoghi comuni sono:

 

  • L’alcol è una sostanza stimolante (nella realtà l’alcol stimola e deprime allo stesso tempo il sistema nervoso centrale)
  • L’alcol aiuta le persone a dormire più profondamente (nella realtà l’alcol influenza negativamente la qualità del sonno)
  • L’intossicazione da alcol è maggiore quando si mischiano diverse bevande alcoliche diverse (nella realtà ciò che determina l’intossicazione è la quantità effettiva di alcol nel sangue)
  • Bere caffè fa passare l’intossicazione da alcol (nella realtà il caffè non influenza i livelli di intossicazione)
  • Le persone con grande forza di volontà non corrono il rischio di sviluppare alcolismo (l’ebrezza da alcol riduce drasticamente la forza di volontà)
  • In un forte bevitore, i danni al fegato si manifestano prima dei danni cerebrali (nella realtà è possibile che i danni cerebrali anticipino i danni al fegato)
  • L’astinenza da eroina è più pericolosa di quella da alcol (nella realtà è vero il contrario, l’astinenza da alcol è potenzialmente più letale di quella da oppiacei)

 

La presenza di questi luoghi comuni relativi all’alcol lo rende sicuramente una delle sostanze psicoattive più pericolose, vista la facilità nel reperirlo e i danni a medio lungo termine che determina.

 

Dipendenza da alcol

 

Cause dell’alcolismo

Non esiste una causa unica che possa spiegare il rischio d’incorrere nell’alcolismo, ma i Ricercatori ritengono che sia un delicato e complesso intreccio di fattori genetici e ambientali.

 

I geni presenti nel DNA (genetica), che controllano il metabolismo dell’alcol, sono responsabili di un aumento/diminuzione del rischio; questa è una delle possibili spiegazioni sulla familiarità che si riscontra, relativamente a problemi legati all’abuso di alcolici (il rischio di alcolismo è maggiore tra chi avuto un genitore alcolista).

L’età di inizio potrebbe essere un fattore significativo, in quanto sembra che un consumo precoce possa influenzare l’espressione genica (epigenetica), aumentando così il rischio di dipendenza; in questo caso, si tratta più probabilmente di un complesso intreccio di cause ed effetti, in quanto chi è predisposto geneticamente è più probabile che inizi a bere in giovane età.

Un passato di traumi infantili può aumentare il rischio di cadere vittima di una qualche dipendenza, tra cui quella dall’alcool, così come l’assenza della famiglia durante gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza.

 

Gli uomini corrono maggiori rischi di dipendenza rispetto alle donne, tuttavia le donne rischiano maggiormente di soffrire di patologie connesse al bere, ad esempio di malattie epatiche.

Tendenzialmente la dipendenza insorge gradualmente; bere troppo e regolarmente per un lungo periodo può causare la dipendenza fisica dall’alcol anche per i cambiamenti che la sostanza induce a livello fisico e soprattutto metabolico; questi cambiamenti comprendono un aumentato senso di benessere durante l’assunzione, che rende il soggetto più incline a bere e a farlo sempre più spesso. Da questo punto di vista risultano quindi essere fattori di rischio:

 

  • la facilità di accesso agli alcolici,
  • depressione e altri disturbi mentali, che rendono il paziente incline a cercare soluzioni per trovare sollievo al proprio malessere,
  • fattori sociali e culturali (avere degli amici o il partner che bevono regolarmente può aumentare il rischio di alcolismo, nonché la rappresentazione dell’alcol data dai mezzi di comunicazione, che può far passare il messaggio che è necessario bere per sentirsi alla moda, e che non c’è nulla di male se si esagera con l’alcol).

Con il tempo, come per qualsiasi altra sostanza d’abuso, la ricerca del piacere, indotto dalla sostanza, lascia il posto alla necessità di assumerla per non patire i sintomi di astinenza e il Paziente si trova quindi prigioniero di quello che prima sembrava invece essere una via di fuga.

 

Sintomi dell’alcolismo

Nella nuova versione del DSM-5 sono elencati una serie di sintomi, necessari per poter diagnosticare un “disturbo da uso di alcol”. In generale si definisce l’alcolismo come un insieme di comportamenti problematici correlati all’alcol, che portano grave disagio e compromissione della sfera relazionale, sociale e personale dell‘individuo. Per poter fare diagnosi di alcolismo, secondo il DSM-5, è necessario che il soggetto soffra di almeno 2 dei seguenti sintomi per un periodo di almeno 12 mesi:

 

  • assunzione di alcol in quantità superiori o per periodi più lunghi rispetto alle intenzioni;
  • desiderio costante di assumere alcolici o fallimenti nel tentativo di ridurre l’assunzione di alcol;
  • gran parte del tempo della giornata è impiegato nel bere, nel recuperare alcolici o nel gestire i sintomi da intossicazione (effetti post-sbornia);
  • il soggetto sente un impellente e incontrollabile bisogno di bere (craving);
  • l’uso di alcol comporta fallimenti nell’adempimento delle proprie responsabilità a casa, al lavoro o a scuola;
  • continuo abuso di alcol nonostante questo sia causa di ricorrenti problemi sociali;
  • abbandono d’importanti attività per lasciare spazio all’uso di alcolici;
  • utilizzo di alcol in situazioni in cui è fisicamente pericoloso farlo;
  • utilizzo continuativo di alcol anche dopo la comparsa di problemi psicologici o sociali attribuibili all’abuso alcolico;
  • sviluppo della tolleranza verso l’alcol manifestata con aumento significativo della quantità di alcol necessaria a soddisfare il bisogno alcolico;
  • presenza di sintomi astinenziali e comportamenti atti a non provare sintomi astinenziale.

 

Effetti dell’alcolismo

I danni fisici vanno a colpire principalmente il fegato e il cervello. Ci sono poi i danni psicologi e socio-relazionali, in quanto tutta la sfera dell’individuo è invasa e compromessa. Chi abusa di alcol è più predisposto ad avere infortuni, a vivere relazioni conflittuali in famiglia e a manifestare con più facilità episodi di violenza domestica. La speranza di vita media di chi ha una dipendenza da alcol è di 12 anni minore rispetto alla media della popolazione generale.

 

Il cervello è il primo organo colpito

I danni fisici, oltre quelli al fegato, che possono portare a cirrosi o neoplasie epatiche, aumentano il rischio di sviluppare altre patologie tra cui diabete, l’ictus e i disturbi cardiovascolari. Sono frequenti le problematiche internistiche come la gastrite, l’esofagite, la pancreatite e i deficit vitaminici. Il rischio per alcuni tumori specifici (colon-retto, esofago, cavità orale, della mammella) è stato associato a un consumo di alcol anche moderato. All’abuso di alcol sono inoltre associati numerosi comportamenti antisociali. Il 40-50% degli omicidi è associato ad un abuso alcolico, il 40% delle aggressioni e il 50% degli stupri (Abbey et al., 2001).

 

Alcolemia ed effetti indicativi sul cervello

Alcolemia espressa in gr(lt) / Effetti (indicativi)

Alcolemia = 0,2-0,4 / Effetti = Lieve euforia, loquacità, lieve incoordinamento motorio ed eventuale moderata riduzione della capacità di giudizio e dell’attenzione

Alcolemia = 0,5-0,8 / Effetti = Aggravamento dell’incoordinamento motorio, riduzione della capacità percettiva, ulteriore riduzione della capacità di giudizio, tendenza alla guida pericolosa

Alcolemia = 0,8-1,0 / Effetti = Sopravvalutazione della propria abilità alla guida, tendenza a guidare al centro della strada, ritardo evidente nei tempi di reazione

Alcolemia g/L 1,0-2,0 / Effetti = Instabilità emotiva, alterazione della memoria, perdita della capacità di giudizio, atassia (incordinamento motorio), disartria (difficoltà nell’articolazione della parola).

Alcolemia = 2,0-4,0 / Effetti = Ubriachezza profonda, confusione mentale, disorientamento, apatia, marcate alterazioni percettive, midriasi (dilatazione della pupilla), vomito, incontinenza, incapacità di mantenere la stazione eretta

Alcolemia >4,0-5,0 / Effetti = Alcolemia potenzialmente letale: coma, ipotermia, ipoventilazione, ipotensione arteriosa, anestesia

La massima alcolemia consentita in Italia per la guida dell’auto è di 0,5 g/litro.

L’alcolemia indica i livelli di alcol nel sangue e gli effetti sono indicativi, poiché, a parità di alcolemia, gli effetti dell’alcol dipendono dalla tolleranza individuale alla sostanza.

 

Alcol e temperatura corporea

L’assunzione di alcol provoca due effetti paralleli e negativi sulla regolazione della temperatura corporea:

1)      vasodilatazione cutanea e aumento del flusso sanguigno, con iniziale sensazione di calore, ma conseguente e rapida dispersione;

2)      ad alti dosaggi, depressione del meccanismo centrale di termoregolazione, agendo a livello ipotalamico.

 

L’effetto psicotropo nervino dell’etanolo altera la percezione degli stimoli sensoriali. Questo fenomeno è per lo più responsabile della riduzione nella percezione del freddo, così come del caldo, del dolore ecc.

I due effetti sopra elencati sono tanto più intensi quanto più bassa è la temperatura esterna. Di conseguenza, è assolutamente controindicato somministrare alcol alle persone semiassiderate; la conseguente vasodilatazione disperde il modesto calore corporeo, nonostante venga percepito l’esatto opposto.

Dunque, l’abitudine di bere superalcolici quando si è infreddoliti è un rimedio popolare illogico e privo di fondamenti; il sollievo dal freddo generato dall’alcol non è altro che una “percezione” provocata dall’effetto combinato tra l’alterazione sensoriale e la rapida vasodilatazione periferica, che è controproducente.

La bottiglia di grappa appesa al collo del San Bernardo non aiuta quindi il malcapitato a riprendersi dal gelo; nei climi freddi, sarebbe più appropriato assumere alimenti energetici.

 

Effetti dell’alcol sul cervello

Gli effetti dell’alcol sul cervello sono molteplici. A basse dosi attiva aree del piacere, deputate al rilascio di endorfine. Con l’aumentare delle dosi, l’alcol ha un effetto depressogeno sul Sistema Nervoso Centrale. In particolare, inibisce la funzione di uno dei neurotrasmettitori eccitatori, il glutammato, rallentando così l’attività cerebrale. Gli effetti principali di questa inibizione sono i deficit di apprendimento, le alterate capacità di giudizio e l’abbassamento dei livelli di autocontrollo. A causa di questi effetti, spesso, chi è intossicato dall’alcol, non riesce a valutare correttamente la propria capacità di guidare un’automobile in sicurezza.

 

Alcolismo e danni fisici

L’abuso cronico di alcol può portare a numerosi danni fisici. L’alcol viene metabolizzato per il 90-95% a livello epatico (il resto viene espulso dal corpo tramite saliva, urina e sudorazione). L’abuso cronico può portare ad un super lavoro per il fegato, che nel tempo sviluppa danni irreversibili. La cirrosi epatica è una di queste conseguenze. Una larga percentuale di morti legate all’abuso di alcol è infatti collegata allo sviluppo di questo grave disturbo epatico. Ulteriori complicanze legate all’abuso di alcol riguardano la malnutrizione. Abusare di alcol porta infatti ad introdurre nell’organismo calorie, che portano a ridurre l’appetito del bevitore. Ma, non avendo proprietà nutritive, l’alcol può portare a stati di profonda malnutrizione. La malnutrizione ha effetti negativi sia sul corpo che sulla mente dell’individuo.

 

Si parla di drunkoressia

 

L’alcol danneggia il cervello?

I danni dell’abuso cronico di alcol non sono solo psichici. L’alcol esercita un effetto “solvente” sui grassi e il sistema nervoso è composto in gran parte da lipidi e ciò significa che alti livelli di alcolemia cronica possono modificare strutturalmente il tessuto nervoso, compromettendone la funzionalità in maniera permanente.

Come dimostrano le immagini diagnostiche (TAC e RMN dell’encefalo), negli alcolisti (soprattutto di mezza età o anziani) si possono apprezzare delle vere e proprie alterazioni anatomiche irreversibili (modifica dei contorni, riduzione del volume, atrofia localizzata ecc).

L’etilismo (alcolismo) è considerato una tossicodipendenza a tutti gli effetti; come tale, partecipa all’insorgenza o al peggioramento di varie patologie di natura psichiatrica (ad esempio la depressione, le sindromi ossessive, paranoiche, i disturbi del comportamento alimentare ecc).

 

Cuore e Circolazione

L’alcolismo può favorire la comparsa di vari disturbi cardiaci e vascolari. Chi abusa di alcol è più soggetto all’ipertensione arteriosa, per compromissione del centro nervoso, deputato alla regolazione pressoria; ne deriva un conseguente aumento del rischio di ictus cerebrale.

Altra condizione pericolosa per l’alcolista è la cardiopatia alcolica; questa consiste nella dilatazione delle cavità cardiache e nella riduzione della gittata, con conseguenze infauste per tutto l’organismo (soprattutto per il cervello).

La cardiomiopatia consiste nell’allungamento e nello sfinimento dei “muscoli del cuore”.

Tra i primissimi sintomi di natura cardiocircolatoria dell’alcolista abbiamo l’aritmia cardiaca, non necessariamente correlata alla degenerazione in cardiomiopatia o in cardiopatia alcolica.

 

Fegato

L’organo più danneggiato dall’abuso di alcol è il fegato, poiché è il principale deputato alla sua metabolizzazione.

Con un crescendo di effetti negativi, possono quindi insorgere:

steatosi epatica o fegato grasso (importante accumulo di trigliceridi a livello epatico): è una condizione reversibile, se l’individuo smette di bere; è spesso una condizione asintomatica, pertanto difficilmente diagnosticabile.

Epatite alcolica: insorge qualora il soggetto continui ad abusare di alcol, nonostante la steatosi. Il fegato grasso finisce col compromettere la funzionalità dell’organo, a causa del manifestarsi di un processo infiammatorio. L’epatite alcolica è sintomatica e compromette la funzionalità dell’organo. Per questo è più facilmente diagnosticabile, ma scarsamente risolvibile negli alcolisti che tendono a ignorare e le raccomandazioni mediche.

Fibrosi (cicatriziale): si manifesta come evoluzione dell’epatite alcolica e dà origine a un processo fibrotico. Viene compromessa in maniera definitiva la funzionalità dell’organo, manifestandosi sintomi e segni clinici importanti. La fibrosi è difficilmente reversibile ma, soprattutto nelle fasi iniziali, può essere interrotta. Essa porta alla cirrosi epatica.

Cirrosi: consiste nella degenerazione progressiva e tendenzialmente irreversibile della fibrosi. Si associa sempre a insufficienza epatica e relative complicazioni. Tale malattia può causare epatocarcinoma, cioè la comparsa di un tumore al fegato.

 

Pancreas

L’abuso di alcol etilico tende a intossicare il pancreas, a causa della produzione di sostanze nocive nel tessuto specifico. Ciò può determinare l’infiammazione della ghiandola (pancreatite) e la riduzione della sua funzionalità, transitoria o definitiva. La suscettibilità a questo fenomeno è estremamente soggettiva.

Le conseguenze della pancreatite possono essere lievi e transitorie o gravi e permanenti; ricordiamo che un’eventuale insufficienza pancreatica può colpire sia la porzione endocrina che quella esocrina dell’organo.

 

Malnutrizione

L’alcolista tende a spendere tutte le sue risorse energetiche per procurarsi e consumare alcol; dal momento che questa sostanza è estremamente calorica e tende a ridurre lo stimolo dell’appetito, l’alcolista mangia poco e assume poca acqua, introducendo pochi nutrienti e favorendo la disidratazione.

Compare l’ipovitaminosi, sia per ridotta assunzione di verdura e frutta fresca, sia per ostacolo diretto dell’alcol all’assorbimento delle varie vitamine. Esiste anche una correlazione strettissima tra alcolismo e carenza di vitamina B1 (tiamina); questo nutriente, di cui l’organismo non può fare scorta nel fegato, è indispensabile al metabolismo dell’etanolo e viene assunto in maniera insufficiente dall’alcolista. Ciò favorisca la comparsa della cosiddetta “Encefalopatia di Wernicke”. La carenza di proteine ad alto valore biologico dà spesso origine a una riduzione della massa muscolare, mentre l’eccesso di trigliceridi nel sangue favorisce il deposito adiposo intraviscerale o comunque addominale.

 

Alterazioni della Sessualità

L’alcolismo provoca calo della libido, infertilità, impotenza.

Mentre il calo della libido ha una ragione prevalentemente psicologica, l’infertilità e l’impotenza hanno cause fisiologiche di tipo multifattoriale (nutrizionale, ormonale, tossicologica ecc).

 

Eccesso di alcol causa calo della libido

 

Infiammazione Mucose

Abuso di alcol e infiammazione delle muscose nella bocca e in tutto il tubo digerente

L’alcolismo provoca un’infiammazione, che colpisce la bocca e vari distretti del tubo digerente, che è aggravata dalle carenze nutrizionali: chi abusa di alcol deve fare spesso i conti con condizioni disagevoli tipo: afte, ulcere, stomatiti e caduta dei denti.

Per quel che concerne il tubo digerente, sono frequenti:

 

  • Malattia da reflusso gastroesofageo ed esofagite
  • Gastrite e ulcera
  • Colon irritabile e diarrea o stipsi
  • Infiammazione delle emorroidi e ragadi anali.
  • Tumori del cavo orale
  • Tumori della gola
  • Esofago di Barrett e tumore dell’esofago
  • Epatocarcinoma
  • Tumore al seno.

 

 

Cancro gengivale

 

Gravidanza

L’effetto negativo dell’alcol non è tanto legato alla salute della madre, quanto a quella del piccolo. I figli di donne alcoliste hanno elevata probabilità di soffrire di sindrome fetale alcolica (deficit mentale, microcefalia e malformazioni cardiache).

L’abuso di alcol si associa a malnutrizione e conseguente ipovitaminosi. La gestante ha delle richieste nutrizionali superiori, che garantiscono uno sviluppo adeguato del feto. Se queste non vengono soddisfatte, aumentano le possibilità di complicazioni gravi. Poi, un’alcolemia costantemente elevata aumenta le possibilità che il nascituro sviluppi, in età adulta, un’attitudine al consumo di alcol.

 

Sistema immunitario

L’abuso di alcol deprime parzialmente la funzione immunitaria. Questo vale sia per l’evento singolo, in sui si è rilevata una maggior suscettibilità alle infezioni per almeno 24 ore, sia nel lungo termine. In particolare, la ricerca ha evidenziato una maggior sensibilità alle affezioni polmonari come le polmoniti e la tubercolosi.

 

Assuefazione

Bere spesso provoca una maggiore tolleranza nei confronti dell’alcol. Questo fenomeno è riconducibile a due fenomeni:

  1. Aumento del MEOS (sistema microsomiale di ossidazione dell’etanolo): è una delle vie metaboliche per lo smaltimento dell’alcol
  2. Abitudine cerebrale: il cervello si abitua a funzionare correttamente in presenza di alcolemia significativa. Se l’alcolismo è grave, il cervello non funziona correttamente senza alcol nel sangue (dipendenza psico-fisica).

 

Dipendenza e Astinenza

L’alcolismo ha una base genetica; esiste, cioè, una predisposizione individuale al consumo di alcol. La dipendenza è caratterizzata da queste condizioni e comportamenti:

 

  • Sintomatologia da astinenza se si interrompe l’assunzione di alcolici
  • Assenza di controllo sul livello di assunzione; ricerca di alcol come priorità
  • Sospensione di ogni altra attività per bere
  • Prosecuzione del consumo di alcol malgrado i danni fisici e psichici.

 

Sintomi da astinenza

Dopo una parziale o totale astensione dall’alcol, compare la sindrome da astinenza, caratterizzata da una vasta sintomatologia:

 

  • Tremori, nausea, vomito
  • Sudorazione profusa
  • Ansia, insonnia
  • Allucinazioni, sia visive che uditive
  • Confusione con disorientamento spazio-temporale
  • Disartria, atassia (difficoltà di articolare le parole e di coordinare in modo armonico i vari movimenti)
  • Convulsioni (12-48 ore dopo la sospensione).

 

Alcolismo e danni psicologici

Oltre ai danni fisici, legati all’abuso cronico di alcol, non sono da sottovalutare i danni psicologici. L’abuso di alcol porta ad una progressiva perdita delle capacità di giudizio e ad un progressivo deterioramento della personalità. Chi abusa di alcol tende a fuggire gradualmente dalle responsabilità, a non curare più la propria persona, entrando in un circolo di autodistruzione. I danni cerebrali compaiono nel medio lungo periodo, manifestandosi con danni ai processi cerebrali legati all’attenzione e alla concentrazione, danni alla memoria a breve termine e problemi legati alla capacità di problem solving. Questi danni si evidenziano anche con alterazioni organiche osservabili attraverso tecniche di neuroimaging (TAC, RMN). I danni prodotti dall’alcol sul cervello sembrano parzialmente reversibili in taluni casi, anche se spesso il danno organico rimane permanente.

 

Alcolismo e salute mentale

L’alcolismo può anche essere causa di gravi problemi legati alla salute mentale. Si possono evidenziare, in soggetti con forte abuso di alcol, la presenza di sintomi psicotici come deliri e allucinazioni. Se non direttamente collegate ad una patologia psichiatrica, in genere queste manifestazioni tendono a scemare con la fine dello stato di intossicazione. E’ da sottolineare come un abuso alcolico possa peggiorare disturbi psichiatrici già presenti, come la depressione bipolare o la schizofrenia, oppure slatentizzare disturbi fino ad allora non manifestatisi nell’individuo.

 

Delirium Tremens e alcolismo

Il delirium tremens, detto anche delirium da astinenza da alcol, è la reazione da astinenza dovuta alla brusca interruzione del consumo alcolico da parte di un Paziente con grave dipendenza da alcol. E’ una forma molto pericolosa che va trattata in contesto ospedaliero. I sintomi del delirium tremens sono:

 

  • disorientamento spazio-temporale
  • allucinazioni visive (in particolare di piccoli animaletti) chiamate microzoopsie
  • paura intensa legata alle allucinazioni visive
  • estrema suggestionabilità
  • tremore marcato delle mani, della lingua e delle labbra
  • febbre, sudorazione, alterazioni del battito cardiaco

 

Il delirium tremens è una condizione potenzialmente letale, è stimato che tra il 5 e il 25% di pazienti affetti da delirium tremens muoia a causa di complicazioni. Per questo la sindrome astinenziale da alcol richiede un intervento medico immediato.

 

Delirium tremens

 

Psicosi di Korsakov e alcolismo

Un’altra patologia molto grave, alcol correlata, è la psicosi o sindrome di Korsakov. Oggi chiamata “disturbo anamnestico da alcol”, è uno dei disturbi più gravi alcol-correlati. Descritta per la prima volta dallo psichiatra russo Korsakov nel 1887 si manifesta con gravissimi danni alla memoria in particolare legata ai ricordi recenti. Spesso questi deficit si accompagnano a creazione di ricordi fantastici e totalmente slegati dalla realtà (confabulazioni) nati dal tentativo di riempire i vuoti di memoria. Questi pazienti possono dimenticare volti, nomi, situazioni che hanno conosciuto qualche minuto prima. Il disturbo della memoria viene sempre più colmato da confabulazioni tanto che il paziente può sembrare delirante e confuso. Questi pazienti mostrano inoltre deficit nella pianificazione di attività strutturate, declino intellettivo, deficit emotivi e lesioni corticali. I sintomi della psicosi di Korsakov sono legati alla malnutrizione in particolare alla carenza di vitamina B. Se diagnosticata per tempo, i danni possono essere reversibili, altrimenti il danno cerebrale diventa irreversibile.

 

Sintomi dell’alcolismo. Diagnosi precoce.

I primi sintomi di un problema di dipendenza dall’alcool sono così lievi da passare spesso inosservati; conoscere questi segnali d’allarme può invece aiutare pazienti e persone care a riconoscere la situazione e intervenire tempestivamente.

Le persone ubriache in genere manifestano i seguenti sintomi e comportamenti:

 

  • ridono e parlano ad alta voce,
  • manifestano vertigini,
  • hanno una visione sfuocata,
  • hanno difficoltà a stare in piedi e oscillano quando camminano,
  • biascicano le parole,
  • tendono ad addormentarsi,
  • possono svenire o vomitare,
  • diventano violente.

L’ubriaco può compiere azioni o dire parole di cui poi si pente, è inoltre a rischio di incorrere in incidenti e farsi male. Dopo aver bevuto molto, durante la fase di recupero, è poi normale sentire un più o meno profondo stato di malessere, spesso accompagnato da un intenso mal di testa.

Le persone che diventano dipendenti dall’alcol cominciano a dover bere sempre di più per ubriacarsi, possono aver bisogno di alcolici già al mattino tra tranquillizzarsi o per ridurre i postumi della sbornia, possono dover bere di nascosto e mantenere quest’abitudine segreta.

Se il consumo di alcolici è continuo, la quantità e l’entità dei sintomi può aumentare costantemente e rendere sempre più lungo il recupero.

 

Tra i sintomi caratteristici dell’abuso di alcolici e/o dell’alcolismo troviamo:

 

  • Bere di più e/o più a lungo di quanto previsto o deciso inizialmente.
  • Uno o più tentativi di ridurre la quantità consumata o addirittura smettere, senza tuttavia riuscirci.
  • Esporsi a situazioni potenzialmente rischiose dopo aver consumato alcolici (guidare, nuotare, uso di macchinari pericolosi, rapporti sessuali non protetti, …).
  • Necessità di bere di più rispetto al passato per ottenere lo stesso effetto.
  • Necessità di continuare a bere nonostante l’evidente comparsa di depressione e/o ansia.
  • Comparsa di periodi di black-out, in cui non ci si ricorda cosa si è fatto e degli impregni presi.
  • Passare molto tempo a bere e/o vomitare spesso dopo aver bevuto.
  • Necessità di continuare a bere nonostante la comparsa di problemi sociali, famigliari e/o professionali (che può portare a bere da soli o di nascosto).
  • Interruzione di attività che in passato si ritenevano piacevoli e perdita di interesse a favore del tempo passato a bere.

 

Test diagnostici e questionari

Uno dei questionari più utilizzati è il cosiddetto questionario CAGE, che ha dimostrato grande sensibilità nell’individuare soggetti con problemi legati al consumo di alcolici.

Cut Down, Ha mai avvertito la necessità di ridurre l’assunzione di alcol?

Annoyed, È mai stato infastidito da persone che hanno criticato la sua eccessiva assunzione di alcolici?

Guilty, Si è mai sentito in colpa o a disagio per aver assunto degli alcolici?

Eye opener, Ha mai bevuto un bicchiere appena sveglio per combattere l’ansia o eliminare i postumi della sbornia?

Due o più risposte affermative indicano la necessità di approfondimenti.

 

Esami del sangue e delle urine

Il test più comunemente utilizzato è il dosaggio dell’alcool nel sangue (alcolemia), che dà informazioni sulla quantità assunta nelle ultime ore.

Nel caso di assidui bevitori, altri parametri ematici possono suggerire questa abitudine:

Macrocitosi (globuli rossi di dimensioni elevate)

GGT elevata (un tipo di transaminasi)

Aumento moderato di AST e ALT e un rapporto AST: ALT rapporto di 2:1

Alta transferrina carboidrato carente (CDT) o transferrina desialata, considerata uno dei test più affidabili al momento, per la diagnosi e per identificare le ricadute.

 

Il trattamento dell’alcolismo

La principale strategia è quella di smettere di bere immediatamente. Ciò è essenziale per poter affrontare un percorso di recupero sia fisico che psicologico. Il primo periodo di disuassefazione deve essere condotto in strutture ospedaliere, stante la pericolosità della sindrome astinenziale.

Il Paziente deve accettare l’alcolismo come un problema che non può più gestire da solo. Molti alcolisti infatti non hanno consapevolezza di avere un problema e non accettano di considerare la loro una malattia. Statisticamente, solo un alcolista su tre inizia un percorso di disassuefazione e di terapia. La terapia necessaria per affrontare l’alcolismo è una terapia multidisciplinare. Devono essere trattate le problematiche mediche, internistiche ma anche psicologiche e motivazionali. Smettere di bere non si risolve con la disuassefazione. E’ necessario lavorare sulla prevenzione alle ricadute e affrontare i problemi psicologi correlati all’abuso alcolico, altrimenti il periodo di astinenza può risultare inutile.

 

Terapie farmacologiche contro alcolismo

Esistono terapie farmacologiche che possono aiutare un alcolista a smettere di bere. Tra queste uno dei farmaci più conosciuti è il disulfiram (Antabuse). Il disulfiram è un farmaco che agisce inibendo il metabolismo dell’alcol. Assumendo disulfiram e bevendo alcolici il Paziente ha una serie di sintomi fisici particolarmente sgradevoli. Questa terapia è usata come deterrente per aiutare i pazienti a mantenere l’astinenza totale da alcolici. Un altro farmaco utilizzato è il naltrexone, per ridurre il desiderio di alcol, bloccando gli effetti piacevoli che esso produce.

 

Esistono poi farmaci per la gestione dell’astinenza da alcol. L’astinenza è una condizione medica particolarmente grave che può portare fino al decesso. Per questo, in caso di astinenza, è consigliabile il ricovero in strutture ospedaliere. I farmaci utilizzati come terapia nell’astinenza in genere sono benzodiazepine a lunga emitiva (come il diazepam), che riducono la gravità dei sintomi astinenziali e consentono una graduale disuassefazione. Esistono altri farmaci più specifici, come ad esempio l’alcover, utilizzati esclusivamente per il trattamento dell’astinenza. E’ comunque essenziale che qualsiasi terapia sia somministrata e controllata da un Medico specialista.

 

Terapie psicologiche per l’alcolismo

Una volta che la fase acuta è terminata è importante passare alla riabilitazione il prima possibile. Ossia iniziare un percorso di cure psicologiche per lavorare sul disturbo da dipendenza e su tutti gli aspetti (emotivi, cognitivi e affettivi) che mantengono il disturbo. Nello specifico, nel trattamento dell’alcolismo, pur se la psicoterapia individuale ha mostrato buoni risultati di efficacia, la terapia maggiormente consigliata è la terapia di gruppo.

La terapia di gruppo ha dimostrato di essere efficace in numerosi studi controllati. Tra le terapie utilizzate ricordiamo l’ACT (l’Acceptance and Commitment Therapy) una delle terapie comportamentali di terza generazione e la terapia cognitivo-comportamentale adattata da Marlatt alle dipendenze patologiche. Ricordiamo infine il colloquio motivazionale di Miller e Rollnick e l’approccio utilizzato dagli Alcolisti Anonimi chiamato “i 12 passi“.

 

 

 

Efficacia della terapia di gruppo

 

Alcolisti Anonimi è un gruppo di auto aiuto formato da persone che stanno tentando di guarire dall’alcolismo. Le persone che ne fanno parte devono essere sobrie e offrono un modello di astinenza totale dall’alcol. Il programma terapeutico si articola in 12 fasi, ovvero in dodici suggerimenti diretti per chi sceglie di rinunciare all’alcol. Le dodici fasi offrono una guida verso la guarigione e aiutano gli alcolisti a capire la loro impotenza nei confronti dell’alcol. Sottolineano inoltre l’importanza dell’onestà sul passato e sul presente.

 

Alcolismo giovanile

L’intervento tempestivo è fondamentale per prevenire l’alcolismo tra gli adolescenti, una piaga che sta assumendo contorni drammatici; anche l’OMS, preoccupata dalla dimensione del fenomeno a livello mondiale, consiglia la totale astensione fino ad almeno 15 anni compiuti.

 

In Italia, con una legge del 2012, vige il divieto di vendita e somministrazione di bevande alcoliche ai minori di 18 anni, ciononostante il consumo da parte di minori continua a essere molto diffuso e di fatto rende ogni ragazzo soggetto a sviluppare una possibile dipendenza, la cui probabilità dipende da fattori come l’influenza dei parenti, del gruppo di amici, dalla suscettibilità ai modelli pubblicitari, dalla precocità dell’uso dell’alcol.

 

Oltre a essere soggetti al rischio di dipendenza, esiste il rischio più immediato di intossicazione, nonché la possibilità che l’alcool funga da ponte verso altre sostanze psicoattive (riducendo l’impatto della capacità di giudizio e le barriere etico-morali dell’individuo).

 

I segnali e i sintomi che potrebbero indicare un problema con l’alcol in un ragazzo sono:

 

  • perdita di interesse nelle attività e negli hobby,
  • occhi rossi, parole biascicate e perdite di memoria,
  • difficoltà o cambiamenti nelle relazioni con gli amici, spesso caratterizzate dalla presenza di un nuovo gruppo di amici,
  • comportamenti a rischio,
  • peggioramento dei voti e assenze scolastiche,
  • aggressività e violenza,
  • sbalzi d’umore frequenti e comportamento difensivo.

 

Il binge drinking è una modalità di consumo di alcolici particolarmente diffusa in giovane età, che comporta l’assunzione periodica, ma in un ristretto arco di tempo, di quantità di alcol molto elevate; l’esemplificazione classica è l’abuso nel week-end.

 

Si tratta di un fenomeno diffuso soprattutto nella fascia di età 18-24; più comune nei ragazzi rispetto alle ragazze, ad eccezione dell’età adolescenziale (11-15 anni), quando invece è più diffusa nel sesso femminile. Obiettivo della pratica è arrivare all’ubriachezza, con il rischio di andare incontro all’intossicazione alcolica acuta (con gravi rischi per la vita) e alla dipendenza.

 

 

SBALZI DI TEMPERATURA, ECCO QUALCHE RIMEDIO

Nella vita di tutti i giorni, ci ritroviamo spesso ad affrontare sbalzi di temperatura
e luoghi dall’aria viziata. In uno scenario come questo, dove il sistema immunitario è fortemente sotto pressione, è facile che un batterio o virus si infiltri nelle mucose delle vie respiratorie
e cominci a moltiplicarsi con relativa tranquillità, causando mal di gola e raffreddore.
Se questi malanni sono solo un fastidio costante, tale da far affrontare le giornate con disagio, è possibile ricorrere a rimedi assolutamente naturali. Per la gola, ad esempio, si sa del beneficio che può venire dal consumo di miele, liquirizia, aceto di mele, succo di limone e infusi a base di maggiorana, salvia e santoreggia.

Contro il raffreddore, invece, fa certamente bene diluire alcune gocce dell’olio essenziale di eucalipto in acqua bollente, lasciando che l’effluvio arrivi al naso.
Mal di gola e raffreddore, però, sono spesso il segno che il sistema immunitario è in difficoltà. Per evitare di ammalarsi seriamente, è dunque opportuno prendersi cura di sé a più ampio spettro. A tal proposito, è saggio aumentare il consumo di frutta e verdura per ricaricarsi di vitamine; dormire almeno 8 ore per notte, così da riprendersi bene dalle fatiche quotidiane; dedicare regolarmente del tempo al divertimento e all’attività fisica, così da smaltire lo stress.
Ma c’è dell’altro. Per un organismo a prova di mal di gola e raffreddore, è utile integrare una dieta sana ed equilibrata con papaina e zinco. È infatti dimostrato che la papaina, un enzima proteolitico della papaya immatura, e lo zinco, noto come il minerale della vita, sono attivi su più fronti per contribuire alla normale funzione del sistema immunitario.
Pertanto, che mal di gola e raffreddore siano alle porte o già ospiti indesiderati, tanto si può fare per premunirsi o riprendersi con sprint… in assoluta naturalezza!

ALLERGIE SUL LAVORO, ecco i mestieri a rischio

L’esposizione ad allergeni o a sostanze chimiche allergizzanti o irritanti durante l’attività lavorativa può provocare asma e altre patologie polmonari.

Ecco una panoramica dei settori lavorativi più a rischio:

  • Panettieri, pasticceri
    Allergie causate da farina di cereali, soprattutto frumento, enzimi e additivi alimentari.
  • Industria alimentare
    Allergie causate da proteine del latte e dell’uovo, farine di cereali, derivati di prodotti ittici (pesci, crostacei, molluschi), additivi e contaminanti.
  • Addetti alle pulizie
    Allergie causate da detergenti e spray irritanti.
  • Apicultori, forestali, lavoratori con attività all’aperto, giardinieri, fioristi agricoltori
    Allergie causate da insetti, pollini, fiori, derivati di vegetali vari.
  • Laboratoristi, veterinari
    Allergie causate da derivati di animali (siero, urine).
  • Personale sanitario, addetti alla produzione della gomma
    Allergia causate dal lattice della gomma e dai disinfettanti.
  • Falegnami, mobilifici
    Allergie causate da polveri di legno e isocianati.
  • Carrozzieri
    Allergie causate da isocianati.
  • Parrucchieri
    Allergie causate da sali di persolfato, coloranti per capelli.
  • Industria chimica e farmaceutica
    Allergie causate da farmaci, enzimi biologici.
  • Industria plastica
    Allergie causate da isocianati, anidridi acide, amine sostanze varie.

    Leggi l’articolo completo sulla rivista sfogliabile di dicembre 2018.