Pediatria

Brionchiolite, cos’è e come si cura

La malattia dei bimbi spiegata in cinque punti.

La bronchiolite è una malattia che colpisce i bimbi più piccoli, soprattutto nel primo anno di vita, di solito causata da alcuni virus molto diffusi e poco pericolosi per i grandi. Spesso i genitori o i fratellini hanno solo il raffreddore.

I sintomi della bronchiolite sono: tosse, febbre e difficoltà a respirare.

1. Come si cura?

Non ci sono cure specifiche per la bronchiolite!
Per aiutare il vostro bambino a respirare meglio vi consigliamo di:

  • Lavare il naso con la soluzione fisiologica;
  • Eseguire degli aereosol con la soluzione salina;
  • Offrire pasti più piccoli del solito, ma più frequenti.

 

2. Quando il bambino deve essere ricoverato?

Quando ha difficoltà a respirare e quando non riesce a mangiare a sufficienza.
Il ricovero in ospedale può servire a somministrare ossigeno e/o liquidi con una flebo o un sondino. Queste terapie sono dette “di supporto” perché non ci sono cure specifiche per la bronchiolite!

 

3. Cosa dovete controllare a casa?

La cosa più importante è controllare come il bambino respira: osservate se respira in modo molto veloce e se sono presenti dei “rientramenti” sotto il torace. Il pediatra, durante la visita, vi spiegherà come fare. Osservate anche il comportamento del vostro bimbo: è normale che sia meno vivace del solito, ma in caso di dubbio contattate il pediatra. Cercate di capire quanto mangia il vostro bambino. Se il bambino è allattato al seno può essere utile controllare il peso al mattino per verificare che non cali. A volte può servire tirare il latte della mamma e proporlo con il biberon per affaticare meno il bambino durante il pasto.

 

4. Come si contrae il virus della bronchiolite?

Il virus che causa più frequentemente la bronchiolite si chiama virus respiratorio sinciziale, ma può essere causata da vari tipi di virus. Questo virus si diffonde facilmente da persona a persona. Quando una persona affetta dal virus tossisce o starnutisce rilascia in aria delle minuscole particelle che contengono il virus. Se queste particelle vengono respirate o si depositano sulla bocca o sugli occhi si può essere contagiati. La stessa cosa accade se si toccano oggetti sui quali si sono deposte queste particelle e poi ci si tocca la bocca, il naso o gli occhi

 

5. Come potete evitare che il vostro bambino prenda la bronchiolite?

• Lavatevi le mani prima di toccare o prendere in braccio il bambino e chiedete agli altri di fare lo stesso.
• Non toccatevi gli occhi, la bocca o il naso mentre accudite il bambino.
• Chiedete a chi starnutisce o ha la tosse di non avvicinarsi al bambino, di mettersi le mani davanti alla bocca e di lavarsi frequentemente le mani.
• Pulite le superfici potenzialmente contaminate (seggiolone, giocattoli, maniglie delle porte).
• Non esponete il vostro bambino al fumo passivo.

 

Dott. Alberto Ferrando, Pediatra – Genova
aferrand@fastwebnet.it, alberto.ferrando1@gmail.com
www.ferrandoalberto.blogspot.com – www.ferrandoalberto.it

LO SPORT E L’ATTIVITA’ FISICA NEI BAMBINI FANNO SEMPRE BENE?

Accade che durante o dopo alcune attività sportive praticate costantemente, ad alcuni bambini ed adolescenti, insorgano dei dolori alle articolazioni e che i genitori preoccupati dalla loro persistenza e ricorrenza si rivolgono al medico o al pediatra di fiducia per avere delle spiegazioni. Per questo, ci siamo proposti di scrivere questo breve ma completo articolo che ha lo scopo di dare delle corrette informazioni sul problema e di aiutare i genitori a conoscerlo ed affrontarlo meglio.

Cominciamo col dire che i dolori alle articolazioni nei bambini ed adolescenti che compaiono dopo uno sport praticato costantemente, sono attribuiti per la maggior parte delle volte alla crescita e vengono perciò comunemente chiamati “dolori della crescita”. Questo termine indica in realtà una malattia dello scheletro detta osteocondrosi che da un punto di vista strettamente medico consiste in un’alterazione del processo di ossificazione encondrale delle cartilagini di accrescimento delle epifisi, apofisi e metafisi articolari. In termini più semplici, si tratta di un’alterazione del processo di accrescimento, accrescimento a cui tutte le ossa vanno incontro. Tra i dolori articolari, quello più frequentemente lamentato dai bambini è quello al ginocchio. In questi casi si tratta dell’osteocondrosi apofisaria tibiale che è conosciuta anche comunemente come malattia di Osgood-Schlatter. Questa malattia prende il nome dal primo medico che nel 1903 la descrisse e ne soffrono in genere gli adolescenti tra i 12 ed i 15 anni, anni in cui, avviene la fase apofisaria della maturazione ossea della tuberosità tibiale. Una domanda frequente che in questi casi i genitori porgono al medico con curiosità è perché il dolore al ginocchio compare dopo la partita di calcio, la corsa o dei salti ripetuti. La spiegazione è da ricercare scientificamente e biomeccanicamente nella contrattura ripetitiva del muscolo quadricipite e nella tensione del tendine rotuleo che avviene durante l’esecuzione di alcuni movimenti come i salti e la corsa. Questo tendine inserendosi sull’apofisi tibiale anteriore infatti, la traziona ripetutamente provocando dolore proprio in questa sede così come illustrato in fig1. Ma come si devono comportare i genitori in queste situazioni? In questi casi, quando il dolore interessa solo un ginocchio è utile far eseguire al bambino delle radiografie che mostreranno nel caso di osteocondrosi una irregolarità dell’apofisi che apparirà o separata dalla tuberosità tibiale o frammentata (fig.2). Come esami, si possono anche effettuare una semplice ecografia o una risonanza magnetica nucleare del ginocchio che non esporranno i bambini a radiazioni ed aiuteranno comunque a fare diagnosi. Una volta riconosciuta la malattia, la cura consiste nell’alleviare il dolore del bambino con semplici gesti come quello di applicare del ghiaccio sul punto dolente più volte nel corso della giornata, di somministrare degli anti-infiammatori per bocca e di evitare gli sport che causano dolore almeno fino a quando scheletricamente l’apofisi non si sia fusa completamente con la tibia. La malattia in genere, si risolve dopo la crescita senza lasciare problemi e solo in pochissimi casi il dolore al ginocchio può persistere e può permanere una prominenza ossea esuberante sulla tibia. Ma oltre al ginocchio il dolore può interessare altre articolazioni? La risposta è si perché l’osteocondrosi può interessare anche altre ossa in accrescimento come ad esempio la parte posteriore del calcagno (fig.3). In questi casi si tratta della malattia di Sever-Blenke che colpisce proprio il nucleo apofisario di accrescimento del calcagno. Questo nucleo della tuberosità posteriore del calcagno viene quindi trazionato ripetutamente dal tendine d’Achille e questo causa il dolore tipico di questa malattia. Spesso, il disturbo è bilaterale e ciò ci può tranquillizzare, ma quando il dolore si presenta solo su un piede è invece opportuno prestare più attenzione e far eseguire al bambino delle radiografie. La cura di questo problema può essere semplice se viene esattamente diagnosticato dal pediatra o dall’ortopedico. Noi ortopedici consigliamo in questi casi, l’uso di calzature idonee che siano un po’ più alte sotto il tallone e l’astensione solo di determinate attività sportive. Il piede può anche essere sede di altre osteocondrosi come quella della base del 5° metatarso (malattia di Iseline), dello scafoide e della testa del 2° metatarso (malattia di Kohler I e II) o del 3° metatarso. Il bambino in questi casi lamenterà un dolore al mesopiede o all’avampiede e potrà anche zoppicare. L’uso di idonei plantari è la cura più efficace da effettuare in queste malattie. L’anca può anche essere colpita da questa malattia? si, anche l’anca può far male.Una coxalgia con zoppia può comparire quando il bambino cammina o si affatica e questo può far sospettare che ci sia un’osteocondrosi che interessa la testa del femore. In questo caso si può trattare della malattia di Legg-Calvé-Perthes dove una tempestiva valutazione dei sintomi, l’esame radiografico e l’ecografia delle anche sono elementi importanti che consentiranno ai medici di effettuare una precoce diagnosi e conseguentemente un precoce trattamento della malattia. Questa malattia in genere non desta preoccupazione perchè nella maggior parte dei bambini affetti, dopo la crescita si ha una guarigione spontanea. Solo in pochi casi, può essere indicato durante la crescita del bambino l’astensione del carico o l’uso di tutori di carico che hanno la funzione di centrare e posizionare la testa femorale nella normale sede acetabolare. L’ultimo disturbo articolare di cui parliamo, non ultimo però come importanza è il mal di schiena, in genere ne soffrono adolescenti e bambini che praticano costantemente la ginnastica artistica, il sollevamento di pesi, la danza, la palla a volo e questo disturbo compare più frequentemente tra i 7 ed i 10 anni. Da un punto di vista medico le malattie più frequenti che possono causare a questa età, questo disturbo sono due : la spondilolisi e spondilolistesi. La spondilolisi consiste in un’interruzione dell’istmo della vertebra mentre la spondilolistesi consiste nello scivolamento della vertebra. L’interruzione dell’istmo della vertebra potrebbe secondo alcuni verificarsi solo in casi specifici e predisposti già dalla nascita, mentre secondo altri potrebbe essere dovuto a dei microtraumi ripetuti che si verificherebbero durante ripetuti e specifici movimenti e specifiche attività sportive. Ma questi disturbi alla schiena si risolvono dopo la crescita? Nella maggior parte dei casi si. Di spondilolisi di solito si guarisce spontaneamente dopo la crescita, ma bisogna comunque sapere che in alcuni casi è bene far seguire il bambino dall’ortopedico perché potrebbe necessitare di una terapia chinesica come una ginnastica posturale, un potenziamento della muscolatura del tronco ecc. Un’attenzione in più merita poi la spondilolistesi. In questi casi è consigliabile far eseguire visite specialistiche periodiche e controlli radiografici fino alla maturità scheletrica per valutare l’evoluzione della malattia. Vogliamo concludere quest’articolo tranquillizzando i genitori in merito ai dolori articolari che possono comparire dopo determinati sport che vengono praticati in modo costante dai bambini e dai nostri adolescenti. La maggior parte dei dolori articolari che compaiono durante la crescita e con determinate attività sportive praticate costantemente, non devono destare quindi esagerati allarmismi e sproporzionate preoccupazioni. Se si tratta di osteocondrosi, si tratta per lo più di disturbi, che in genere, guariscono una volta terminata la crescita senza causare problemi nell’età adulta. È comunque importante che il genitore che nota il problema si rivolga ad uno specialista in modo che venga effettuata una corretta diagnosi e cura della eventuale malattia. Lo sport e le attività fisiche hanno un ruolo importante e positivo nello sviluppo dei bambini. Un’attività sportiva praticata in modo costante, adeguato e corretto non può che far bene ai nostri bambini ed adolescenti. L’insorgenza del dolore articolare se dovuto all’osteocondrosi, si manifesta il più delle volte soltanto dopo specifici sport e movimenti e quello che è consigliabile evitare sono esclusivamente dei determinati movimenti e stress sulle articolazioni affette, questo non vuol dire proibire al bambino tutti gli altri sport e movimenti. Il medico specialista potrà quindi dare delle giuste indicazioni sul tipo di attività sportiva che il bambino potrà tranquillamente praticare senza alcun problema.

Bibliografia

F. Postacchini e coll. Ortopedia e Traumatologia. Antonio Delfino Editore

G.Canepa e G. Stella Trattato di Ortopedia Pediatrica vol. 3 Piccin Editore

La meningite in età pediatrica

La meningite si definisce come l’infiammazione delle leptomeningi, ovvero il sistema di membrane che, all’interno del cranio e del canale midollare, riveste e protegge l’encefalo ed il midollo spinale.
Nonostante l’introduzione di numerosi vaccini contro i principali patogeni responsabili di tale malattia e di efficaci terapie antibiotiche, la meningite batterica continua ad essere causa di elevata morbilità e mortalità in tutto il mondo. La sua incidenza precisa non è nota, ma ancora oggi la mortalità delle meningiti batteriche si aggira attorno a 1.200.000 morti per anno, con predilezione per i pazienti in età pediatrica, la cui mortalità si aggira attorno al 20-40%, con un rischio di sviluppare complicanze a lungo termine del 20%.

I principali patogeni causa di meningite batterica variano in base alle diverse fasce d’età, così come segue:

<1 mese: Streptococcus agalctiae, Escherichia coli, Listeria monocytogenes
<2 anni: Streptococcus pneumoniae, Neisseria meningitidis;
3-10 anni: Streptococcus pneumoniae, Neisseria meningitidis;
10-18 anni: Neisseria meningitidis, Streptococcus pneumoniae;
18-50 anni: Neisseria meningitidis, Streptococcus pneumoniae;
>50: Neisseria meningitidis, Streptococcus pneumoniae.

L’introduzione delle vaccinazioni contro l’Haemophilus influenzae di tipo b e contro lo Streptococcus pneumoniae ha determinato una riduzione di meningiti batteriche in tutte le fasce d’età.

SEGNI e SINTOMI CLINICI

La meningite acuta può avere due modalità di presentazione differenti: il primo che si sviluppa progressivamente in uno o più giorni e che può essere preceduto da rialzo termico; il secondo, invece, che presenta un decorso fulminante, con manifestazioni di sepsi e di meningite che si sviluppano dopo poche ore.
Le manifestazioni cliniche della meningite sono variabili ed aspecifiche, senza un segno tipico. La presentazione dipende da diversi fattori, tra cui il patogeno responsabile, la risposta dell’ospite all’infezione e l’età del paziente. La classica triade febbre, rigidità nucale e alterazione dello stato di coscienza è presente solo nel 44% degli adulti affetti da meningite, ed ancor meno nei pazienti pediatrici. Nei neonati e nei lattanti la diagnosi è ancor più complessa a causa di una clinica estremamente sfumata e variabile. La presenza di instabilità termica (febbre e ipotermia), irritabilità con pianto inconsolabile, torpore e pianto lamentoso, difficoltà nell’alimentazione, vomito, pallore in un bambino con meno di 2 anni di età deve far sospettare meningite. Solo il 30% dei lattanti presenta una fontanella bombata. Nei bambini più grandi il sintomo più frequente è la febbre, associata spesso a rigidità nucale, nausea e vomito, irritabilità, fotofobia, convulsioni, confusione e letargia.
I segni di irritazione meningea, che nella maggior parte dei casi sono evidenti al momento del ricovero di pazienti con meningite, non sono costantemente presenti. La rigidità nucale può infatti essere riscontrata tardivamente, soprattutto nei bambini. Tale manifestazione si presenta con l’incapacità di flettere il mento sul petto, con la limitazione nel movimento di flessione passiva del collo e con la positività dei segni di Kernig e Brudzinski.
Segno di Kernig: si evoca con il paziente supino con anca e ginocchio flessi a 90°, estendendo il ginocchio. Il segno è positivo se l’estensione del ginocchio è inferiore a 135°e/o se c’è la flessione del ginocchio controlaterale;
Segno di Brudzinski: si evoca con il paziente in posizione supina, flettendo passivamene il collo sul torace. Il segno è positivo se durante il movimento del collo il paziente flette gli arti inferiori;
Tra i segni neurologici è importante valutare:
Alterato livello di coscienza  è direttamente correlato con la prognosi del paziente: se obnubilato, in stato semicomatoso o comatoso al momento dell’ingresso in reparto il paziente avrà un outcome peggiore rispetto a chi riferisce solo sonnolenza o letargia

Aumento della pressione intracranica (PIC): può manifestarsi con
diastasi delle suture craniche, fontanella bombata ed aumento della circonferenza cranica nei lattanti;
cefalea nei bambini più grandi;
paralisi dei nervi oculomotori;
papilledema che impiega diversi giorni prima di manifestarsi e che se presente dovrebbe indurre a valutare la presenza di empiema subdurale (versamento del rivestimento del cervello), ascesso cerebrale ed occlusione del seno venoso;
Convulsioni: possono presentarsi
all’esordio o entro le prime 48 h di ricovero: riscontrate nel 20-30% dei pazienti e tipicamente generalizzate;
oltre le 48 h di ricovero: spesso focali e possono indicare danno cerebrale;
Particolare attenzione va posta a eventuali manifestazioni cutanee. Porpora e petecchie possono infatti presentarsi con qualunque patogeno, ma sono più comunemente associate ad infezione da Neisseria meningitidis. In questo caso le lesioni sono più evidenti nelle regioni inguinale, ascellare ed alle estremità e possono essere precedute da un esantema maculo papulare.

TERAPIA
L’impostazione di una terapia antibiotica, nel sospetto di una meningite batterica, deve avvenire con estrema rapidità. In caso di agente patogeno non noto, la terapia antimicrobica deve essere intrapresa empiricamente seguendo l’epidemiologia della fascia d’età del paziente. Successivamente, in base ad eventuali positività agli esami colturali e alle condizioni cliniche del paziente, bisogna valutare eventuali modifiche terapeutiche.
Per quanto riguarda invece la terapia corticosteroidea sistemica, associata alla terapia antibiotica, non è raccomandata al di sotto dei 3 mesi di vita. Diversi studi hanno però evidenziato una riduzione della mortalità nei casi di meningite da Streptococcus pneumoniae, ma anche una minor incidenza nello sviluppo di sequele a breve termine e sordità nei paesi più sviluppati.
La terapia antibiotica profilattica è indicata in soggetti che sono entrati in stretto contatto con pazienti affetti da Neisseria meningitidis e/o Haemophilus Influentiae e dovrebbe essere somministrato il più presto possibile successivamente all’esposizione. Condizioni in cui è indicato effettuare chemiprofilassi sono le seguenti:
membri della famiglia, compagni di stanza, contatti intimi, contatti presso un centro di assistenza all’infanzia, giovani adulti esposti in dormitori, reclute militari esposti in centri di formazione;
viaggiatori che hanno avuto contatto diretto con le secrezioni respiratorie di un paziente indice o che erano seduti accanto a un paziente indice su un volo prolungato (durata del contatto ≥8 ore);
individui che sono stati esposti a secrezioni orali (ad esempio, bacio intimo, bocca a bocca, intubazione endotracheale o la gestione tubo endotracheale);
In caso di sospetta eziologia virale, nel sospetto di eziologia erpetica, vi è l’indicazione alla terapia con aciclovir endovena.

PREVENZIONE
Per quanto riguarda l’età pediatrica, in base al nuovo piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019, i vaccini consigliati contro la meningite batterica in età pediatrica sono:
Vaccino contro Haemophilus influenzae tipo b : è solitamente effettuata, gratuitamente, insieme a quella antitetanica, antidifterica, antipertosse, antipolio e anti epatite B, al 3°, 5° e 11° mese di vita del bambino (vaccino esavalente). Non sono necessari ulteriori richiami.
Vaccino contro Streptococcus pneumoniae (pneumococco): Simultaneamente alla vaccinazione con esavalente, ma in sede anatomica diversa, è raccomandata la somministrazione della prima dose del vaccino pneumococcico coniugato a 13 sierotipi (PCV13). Il vaccino polisaccaridico 23 valente, autorizzato a partire dall’età di 2 anni, attualmente integra la vaccinazione con PCV13 nei soggetti a rischio.
Vaccino coniugato contro meningococco C: a partire dal terzo mese di vita può essere somministrato il vaccino antimeningococco C. Il numero di dosi da somministrare è diverso a seconda dell’età del bambino in cui si inizia il ciclo vaccinale.
Vaccino coniugato tetravalente (A, C, W135, Y): contenente polisaccaridi capsulari di N. meningitidis coniugati a proteine altamente immunogene. Conferisce protezione nei confronti della meningite causata da 4 diversi sierogruppi di meningococco; viene consigliato nei bambini a partire dal primo anno di vita compiuto. In adolescenza è raccomandata una dose di richiamo;
Vaccino coniugato contro meningococco B: prevede schedule vaccinali differenti per numero di dosi, a seconda dell’età di inizio della vaccinazione. Per i bambini dai due ai cinque mesi è indicata una schedula a tre dosi più una dose di richiamo. Per i bambini dai 6 mesi ai 23 mesi l’immunizzazione primaria prevede due dosi con una dose di richiamo, mentre nei bambini dai 2 anni e negli adulti la schedula è anche di due dosi, ma non è stata stabilita la necessità di una dose di richiamo.

Alberto Villani, Presidente Società Italiana di Pediatria, Responsabile UOC Pediatria Generale e Malattie Infettive, Dipartimento Pediatrico Universitario, Ospedale Bambino Gesù, Roma
Elena Bozzola, UOC Pediatria Generale e Malattie Infettive, Dipartimento Pediatrico Universitario, Ospedale Bambino Gesù, Roma

David Beckham per Unicef

Il calciatore ha lanciato questo fondo per raccogliere i soldi necessari a cambiare la vita di tanti bambini nel mondo.

 

David Beckham, Ambasciato- re dell’UNICEF, ha visitato lo scorso novembre, il campo profughi di Gibuti, nell’Africa Orientale, incontrando bambini e famiglie scappati sfollati a causa di conflitti e violenze dai paesi vicini. David è stato nel campo di Ali Addeh, che ospita oltre 10.000 rifugiati provenienti Etiopia, Eritrea e Somalia e ha potuto vedere come l’UNICEF protegge i bambini attraverso interventi salvavita come le vaccinazioni.

L’impegno di ogni singolo è fondamentale: l’Ambasciatore David Beckham con la sua popolarità è essenziale per far conoscere al mondo le sofferenze e le speranze di tanti bambini, così come l’impegno di ognuno di noi può fare davvero la differenza nella vita dei bambini.

 

DONA

Conto corrente postale. n. 745000 intestato a UNICEF Italia – causale BPFI Boni co bancario. IBAN: IT55 O050 1803 2000 0000 0505 010

C/C bancario intestato a UNICEF Italia, Via Palestro, 68 00185 Roma, presso Banca Popolare Etica. Causale del bonico BPFI

Carta di credito  Tramite sito internet www.unicef.it Numero Verde. 800 745 000

Un sorriso per i Bambini in Ospedale

 

Progetto per garantire la visita dei Dottor Sogni di Fondazione Theodora Onlus ai bambini in ospedale.

 

Regalano ogni anno la magia di un mondo a colori a oltre 35.000 bambini ricoverati in 40 reparti pediatrici di 18 ospedali italiani.

Sono i 30 Dottor Sogni di Fondazione Theodora Onlus, artisti professionisti specificamente formati per lavorare in ambito ospedaliero pediatrico che portano un sorriso ai piccoli pazienti attraverso visite personalizzate in base all’età, all’umore, alla condizione medica e famigliare del bambino.

Perché un bambino sereno ha più forza per affrontare la malattia e per guarire.

Scarica qui il pdf dell’iniziativa presente sulle pagine di Diagnosi e Terapia di Gennaio

Dona anche tu 2€ con un SMS al 45509 dal 10 al 24 Gennaio

 
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10 regole per vivere bene l’allattamento

1. Prendi il giusto peso, secondo le indicazioni del tuo medico
2. Non digiunare
3. Non consumare pasti eccessivamente abbondanti: fraziona il tuo apporto calorico giornaliero introducendo alcuni spuntini, ad esempio a metà mattina e metà pomeriggio.
4. Evita cibi preconfezionati o preparati industrialmente, preferisci i piatti preparati al momento rispetto a quelli già pronti e in esposizione se mangi al bar o al ristorante
5. Consuma possibilmente cibi freschi e di stagione.
6. Lavati sempre le mani prima e dopo aver maneggiato il cibo; pulisci gli utensili da cucina venuti a contatto con cibi crudi; ricorda di cuocere bene carne e pesce e di riscaldare bene gli avanzi del pasto prima di consumarli.
7. Conserva sempre gli alimenti in frigorifero dopo l’apertura. In frigo tieni separati i cibi cotti da quelli crudi.
8. Evita di consumare uova crude o poco cotte (coque, occhio di bue, zabaione, maionese, creme, tiramisù).
9. Non consumare salami freschi (salsiccia), salumi affettati crudi.
10.Bevi solo latte fresco pastorizzato o a lunga conservazione (UHT) e non conumare latte crudo o latticini prodotti con latte non pastorizzato.
Evitare formaggi erborinati e a crosta fiorita (tipo gorgonzola, brie, etc.)

LATTAZIONE NEI NEONATI FONDAMENTALE E’ LA STIMOLAZIONE

Dagli studi delIa Human Lactation Research Group il punto sulla lattazione pretermine nel corso del congresso internazionale “Nutrizione con latte umano” tenutosi a Venezia i gicrni 7e 8 maggio 2010, promosso da Medela.
L’alimentazione con latte materna possiede indubbi benefici sia per il bambino che per la mamma, per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità da sempre la incoraggia fortemente insieme all’allattamento al seno esclusivo dalla nascita per 6 mesi completi.
I dati epidemiologici documentano il fatto che l’alimentazione naturale e utile non solo per i nati sani a termine, ma anche per i nati che necessitano di cure assistenziali speciali (prematuri, neonati di basso peso, neonati patologici). I prematuri, se nutriti con latte materno, vanno meno soggetti ad infezioni gravi (sepsi, meningiti) ed ad enterocolite necrotizzante, tutte patologie ad elevata mortalità e con possibili conseguenze sulla salute a lungo termine. Nonostante questi innumerevoli vantaggi, l’allattamento esclusivo viene messo in pratica in una percentuale ridotta di casi. Non si tratta solo del fatto che generalmente il bambino pretermine ha difficoltà ad attaccarsi al seno. Infatti, prima che lui sia eventualmente pronto a farlo, manca un incisivo, sistematico incoraggiamento e supporto alle mamme dei bambini prematuri per intraprendere la lattazione, ritenuta magari troppo stressante o addirittura erroneamente controindicata, nel caso in cui le mamme debbano assumere farmaci al parto e nei primi giorni dopo il parto.
Diventa quindi sempre più importante non solo intervenire nella rimozione di eventuali ostacoli all’allattamento, ma promuovere la nutrizione con il materna nelle Unita di Terapia Intensiva Neonatale (UTIN) incentivando le mamme a spremere il proprio latte senza perdere giorni preziosi.
“Riuscire ad allattare un bambino nato alia 30° o alla 27° settimana di gravidanza, a volte anche prima, non è facile, ma e sicuramente possibile, nonostante tutti gli ostacoli – afferma Riccardo Davanzo, Pediatra presso la neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’IRCSS Burlo Garofalo, Trieste –
II primo è rappresentato dalla separazione del neonato pretermine dalla mamma: è difficile allattare da “lontano”, ma e importante riuscirci. Per un buon avvio è fondamentale che il bambino inizi a poppare subito e costantemente, ma ad un neonato ricoverato in terapia intensiva questo non accade quasi mai; perciò la parola d’ordine è: stimolare il seno. L’ideale, se le condizioni di salute della mamma lo permettono, e provare a tirare o spremere il latte nelle prime ore dopo il parto, cominciando così a prendere confidenza con l’operazione di estrazione e assicurando le prime gocce di colostro al bambino. Tutte le mamme potenzialmente producono latte, ma vari fattori, quali lo stress o fattori di tipo organizzativo vanno a diminuirne la qualità .
Ogni giorno in Italia nascono in media 13 nuovi bambini con peso alla nascita inferiore a 1500 grammi che vengono “attaccati ad una macchina anzichè al seno della madre: sono circa 5.000 l’anno.
Le percentuali delle nascite premature sono in aumento, in compenso migliorano le loro condizioni di salute: oggi sopravvive il 90% dei neonati con peso inferiore ai 1.500 grammi, negli anni ’60 non si arrivava al 25%.
“L’alimentazione con latte materno magari mediante sondino è molto importante per un neonato in terapia intensiva – continua Davanzo – perchè gli fornisce una maggiore protezione contro le infezioni, riduce l’incidenza di patologie a carico dell’intestino, stimola la crescita e lo sviluppo neurologico.

II rischio relativo di enterocolite necrotizzante per i nati pretermine nutriti con formula rispetto al latte umano aumenta di 2.46 volte, mentre si riduce dello 0.47% iI rischio di sepsi/meningiti.
Inoltre, allattare aiuta la madre a sentirsi attiva e partecipe, in un momento in cui i genitori sperimentano un forte senso di impotenza. In seguito, l’allattamento al seno potrà contribuire a recuperare un senso di “normalità.
Ma illatte materno è sufficiente a fornire i nutrienti necessari al bambino pretermine?
Recenti studi hanno comparato il latte a termine e quello pretermine ed hanno mostrato che quest’ ultimo tende ad avere alti valori proteici, un contenuto molto diverso di acidi grassi e maggiori livelli elettroliti (ad esempio sodio e potassio). II latte materno è composto da diversi fattori protettivi necessari allo sviluppo che sono indiscutibilmente benefici per il bambino prematuro e, in media, il latte delle madri che partoriscono prima del termine ha una densità calorica maggiore di quello delle madri di bambini nati a termine. Tuttavia la composizione e la densità nutrizionale del latte pretermine variano a seconda della prematurita e in particolare da madre a madre, pertanto nella maggioranza dei casi si rende necessaria l’aggiunta di fortificanti.
“Nascere prematuri implica un brusco arresto della crescita e delle sviluppo intrauterini. II neonato prematuro si configura di conseguenza come un’emergenza anche dal punta di vista nutrizionale, la presa in carico di questi neonati rappresenta una “sfida” per il neonatologo ed il nutrizionista”­afferma Paola Roggero, Pediatra Gastroenterologa della Terapia Intensiva Neonatale delia Clinica Mangiagalli di Milano. – II contenuto proteico ed energetico del latte materno, i cui benefici sono indiscussi, non è sufficiente a supportare la crescita dei neonati prematuri ad un ritmo paragonabile alla crescita fetale. Ne deriva pertanto la necessita di “fortificare”il latte materno per poter garantire una migliore crescita. Dei fortificanti disponibili in commercio, quelli derivati dal latte bovino presentano una composizione in aminoacidi differente rispetto al latte materna e possono essere meno tollerati rispetto ai fortificanti derivati dal latte umano, su cui la ricerca sta concentrando i suoi sviluppi.”

ANATOMIA DEL SENO “AL LAVORO”
La mammella
La mammella è formata da ghiandole lattifere, destinate cioè alla produzione del latte, circondate da tessuto adiposo e da tessuto connettivo (legamenti di Cooper). II latte prodotto dalle ghiandole viene trasportato al capezzolo tramite dotti lattiferi. Durante i mesi di gravidanza, il seno
si prepara all’allattamento e nella maggior parte dei casi aumenta in dimensioni e diventa più teso. Particolari ghiandole, dette di Montgomery, concentrate nell’areola, si ingrossano e iniziano a secernere una sostanza oleosa che lubrificherà e proteggerà il capezzolo durante la poppata.
L’areola diventerà più scura ed è anche possibile che i capezzoli si facciano più prominenti.
II seno e un insieme di diversi tessuti e ognuno di essi ha una sua funzione specifica:
• Legamenti di Cooper: tessuto connettivo e adiposo che sostiene il seno e lo ancora al torace
• Grasso retrommario: cuscinetto adiposo posizionato nella parte posteriore del seno
• Tessuto ghiandolare: produce il latte
• Grasso sottocutaneo: tessuto adiposo che si trova appena sotto la pelle
• Lobulo contenente gli alveoli: ogni lobulo contiene dai 10 ai 100 alveoli raggruppati
• Dotto lattifero: deputato al trasporto del latte

L’alveolo
II tessuto ghiandolare è composto di alveoli. Ogni alveolo è una sorta di sacchettino che contiene il latte prodotto che sarà riversato nei dotti lattiferi. Più alveoli si uniscono a formare i lobuli.
Un modo per visualizzare le strutture del seno e disegnare un albero. Gli alveoli sono le foglie e i dotti sono i rami. Molti rami più piccoli si uniscono a pochi rami più grandi che infine diventano il tronco dell’albero.
La “spremitura” del latte avviene attraverso le cellule mio epiteliali che spremono gli alveoli e forzano il latte ad uscire dalla mammella.
Il lattocita è la cellula produttrice di latte. E’ una sorta di piccola fabbrica deputata alla produzione ed invio del latte nell’alveolo. II dotto lattifero, invece, e il canale che consente al latte di lasciare gli alveoli e passare, attraverso il seno, al bambino.

II lattocita
II lattocita si comporta come una piccola fabbrica in funzione ed ogni sua componente gioca un ruolo importante.

Nucleo: contiene il DNA della cellula, è responsabile di come la cellula appare e di ciò che contiene.
E’ una parte molto complessa, responsabile del metabolismo della cellula stessa.

Reilcolo endoplastico: è una sorta di rete che agisce come un filtro nei confronti delle molecole, soprattutto proteine e lattosio.

Apparato del Golgi: è responsabile del “trasporto” delle proteine

Giunzioni: hanno 3 funzioni principali:
adesione (tengono unite le cellule),
occlusione (controllano it passaggio di alcune sostanze),
comunicazione

II latte materno è vivo e spalanca affascinanti percorsi di ricerca
Gli studi dello Human Lactation Reasearch Group de/l’University of Western Australia hanno fatto luce sulla straordinaria complessità della composizione del latte materno, sul suo mutare costantemente durante le diverse fasi della poppata ma anche nei diversi periodi dell’allattamento, con i conseguenti benefici per il bambino e la mamma.
Dai lavori, infatti, emerge che il latte materno muta in risposta alle esigenze del bambino nelle diverse fasi di crescita, fornendo un nutrimento eccezionale al neonato, che migliora la resistenza alle malattie, oltre a potenziare lo sviluppo intellettuale e altre funzioni vitali. I risultati hanno anche evidenziato i vantaggi fisiologici per la madre.
Gli studi confermano ancora una volta quanta il fluido sia dinamico, adattabile e “vivo” nel vero senso della parola. Negli anni scorsi, i pochi che si occupavano di ricerca in questo settore, credevano che il latte materno fosse un liquido statico e immutabile, simile al latte prodotto in serie che si acquista nei negozi. II latte materno è invece il miglior artista della trasformazione: non sta mai fermo. Per esempio fornisce sempre il giusto apporto energetico. Contiene più calorie nelle prime settimane, quando il bambino cresce velocemente e poi sempre meno, man mano che la crescita rallenta. In seguito, quando il bambino ha bisogno di maggiori energie per gattonare e imparare a camminare, il latte diventa
nuovamente più energetico.
In particolare, il latte materna sembra offrire proprio l’esatto livello di protezione immunitaria.
E’ sempre sufficiente per proteggere i neonati, ma allo stesso tempo non è mai troppo, tale da impigrirne il sistema immunitario e impedirne lo sviluppo.
Per esempio, il colostro, il latte denso e ricco prodotto subito dopo la nascita, abbonda di anticorpi che proteggono il neonato quando il suo sistema immunitario non si e ancora sviluppato. Poi, quando i bambini crescono e il loro sistema immunitario si rafforza, la percentuale di questi anticorpi si riduce.

Riccardo Davanzo, Pediatra presso la Neotologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’IRCSS burlo Garofalo, Trieste.

In cosa consista il calo di peso postatale , quando è fisiologico e in alcuni casi si può parlare di calo eccessivo?
Il calo di peso postatale dei nati ani a termine di peso appropriato è fenomeno ben noto, ma poco documentato in letterature.
Esiste un calo di peso massimo comunemente accettato del 10% con un successivo recupero del peso entro 2-3 settimane dalla nascita.
I cali di peso eccessivi sono quelli >10% e dipendono, il più delle volte, da un’alimentazione sub ottimale associata a fattori materni quali primiparità, travaglio prolungato, ritardo della montata lattea e uso di farmaci durante il travaglio nelle multipare.
Tale calo si accompagna ad alterazioni dei sali e, quindi, a disidratazione. Ne sono soggetti maggiormente i neonati allattati al seno, poiché la lattazione umana non implica un successo del 100%.
Va evitata, laddove è possibile, l’aggiunta di latte artificiale che, come è noto, ostacola l’avvio di una buona suzione da parte del bambino. Il latte artificiale, infatti, dovrebbe essere prescritto dal pediatra solo in casi particolari.
Purtroppo, invece, si somministra 2la formula” soltanto per far dormire maggiormente il bambino di notte o per permettere a persone diverse dalla mamma di alimentarlo.
Per uscire a trovare un compromesso tra le buone pratiche neonatologiche e l’entusiastica promozione dell’allattamento è importante la messa in atto di un protocollo di sorveglianza che consenta di monitorare tempestivamente il calo di peso sostenedo , nel contempo, l’allattamento al seno.
In cosa consista il protocollo di sorveglianza attivo presso l’IRCCS Burlo Garofalo?
Il protocollo è attivo con l’obbiettivo di promuovere l’allattamento, ridurre il ricorso a supplementazioni di latte artificiale non necessarie ed evitare la disidratazione ipernatricmica neonatale. Nei casi di peso >10% o nei cali di peso dell’8-10%, ma con neonato con segni di disidratazione l’intervento consiste in:
* supporto all’allattamento al seno (correzione della poppata, al caso),
* spremitura del latte materno e somministrazione al neonato,
* controllo della sodiemia,
* controllo di peso dopo 8-12 ore.
*eventuale supplementazione con formula, quando ritenuto necessario.
La disponibilità di un protocollo operativo ci ha permesso di gestire meglio il supporto alle mamme e, soprattutto, di decidere quando e se dare le aggiunte di formula.
Il calo fisiologico si può riscontrare anche tra i neonati prematuri? Ci sono differenze rispetto ai neonati pretermine. Se si quali?
I neonati pretermine tendono ad avere un calo di peso maggiore rispetto ai nati a termine in quanto hanno molto più acqua corporea. Non è esattamente noto quale sia il loro calo di peso fisiologic, datoo che sono alimentati per via parentale e somministrazione col sondino di latte.
Anche per questi neonati si fa riferimento ad un calo di peso non superiore al 10%.

Pubblicazione giugno 2010

SIDS: COSA NE SANNO I GENITORI

L’obbiettivo era verificare il grado di conoscenza della SIDS da parte dei genitori presenti, la qualità delle informazioni, come vengano diffuse e da quali canali vengano apprese. Questi numeri si vanno ad aggiungere a quelli gia raccolti nei mesi scorsi durante le tappe di Milano e di Bari di Bimbinfiera (in totale i genitori coinvolti sono stati 5.300) e sembrano confermare, in parte, i dati della città pugliese, risultati che si discostano, più meno lievemente a seconda delle domande, da quelli del capoluogo lombardo. In particolare, dai dati romani, risulta evidente che solo una piccola percentuale di genitori ha sentito parlare in modo esaustivo di SIDS. Inoltre, pur avendone sentito parlare, ancora molti genitori hanno risposto di non sapere che e la prima causa di morte dal ventottesimo giorno al primo anno di vita. Evidente quindi che ancora molto c’e da fare e la campagna promossa da MAM Association, con il coordinamento scientifico del dottor Carlo Gargiulo, vuole proprio rappresentare un primo passo in questa direzione, cioè di una miglior conoscenza del problema e la conseguente adozione degli opportuni e semplici comportamenti in grado di ridurre sensibilmente il numero di queste morti ed evitare il dramma di una SIDS. I genitori, infatti, pur sapendo che esi­tono alcune precauzioni, non hanno le idee troppo chiare su quali siano. E così alla domanda “qual è secondo te la giusta posizione per far dormire il bambino per evitare la SIDS durante la nanna?”, ben il 53% dei genitori intervistati a Roma (in linea con la percentuale di Bari, ma quasi il doppio rispet­to a quella di Milano) ha risposto ancora quella di lato. Tra gli altri dati emersi, interessante è quello che riguarda l’uso del succhietto: la metà dei genitori conosce la sua utilità e efficacia, nonostante sia stato tra le ultime raccomandazioni a essere incluse nei comportamenti anti-SIDS. Segno che una corretta e accurata informazione su questa tema è fondamentale per aiutare mamme e papàa a far dormire sonni tranquilli ai laoro piccoli.
I questionari compilati da 5.300 persone a Roma, Milano e Bari in occasione di Bimbinfiera parlano chiaro: nonostante si senta sempre più spesso parlare di SIDS c’e ancora molto da fare per sensibilizzare le mamme e i papà italiani sull’importanza dell’adozione di alcune sane “abitudini” per il bene dei loro piccoli MAM Association nasce in Italia per promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione sulla SIDS (Sindrome della morte imprvvisa del lattante) al fine di dare il proprio contributo nella riduzione del rischio di questa fenomeno. L’Associazione lavora a stretto contatto con importanti organizzazioni e associazioni internazionali impegnate nel settore della salute e dell’infanzia e si propone di portare nel nostro Paese i contributi di specialisti di fama mondiale, frutto dei più aggiornati studi e delle ricerche più innovative.
Per ulteriori informazioni:
Media60 (Ufficio stampa campagna anti-5IDS)
tel. 035 5788871
ufficiostampa@media60.it
pubblicazione aprile 2010