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EPISTASSI

Normalmente nel caso tipico di emorragia dei capillari del setto nasale ( causa tipica, “epistassi anteriore”) è sufficiente l’applicazione di freddo locale (ghiaccio) ed una pressione del naso tra due dita per il tempo cosiddetto” di emorragia”, in media due minuti, per arrestare il fenomeno.
Non far coricare il paziente (aumenterebbe la pressione nel capo), è meglio mantenerlo seduto.
L’epistassi può essere segno di esordio di una ipertensiome arteriosa o di una malattia del sangue misconosciuta.
Nell’adulto, in carenza di cause riconoscibili, consultare sempre il medico.

Ferrari C.
Pubblicazione del 1991

CHE COSA E’ L’ANGIOLOGIA

Il sangue si distingue in arterioso e venoso: il sangue arterioso è ricco di ossigeno, ilvenoso ne è molto povero perchè è quello che ritorna dalla periferia (tutti i nostri organi e tessuti) verso il centro (il cuore), dopo avere ceduto ad ogni cellula l’energia necessaria per «vivere e lavorare».

Infatti ogni cellula del nostro organismo vive, si moltiplica e lavora perchè in essa avvengono, a seconda del tipo, diverse reazioni chimiche come in un perfettissimo laboratorio dove tutto deve funzionare in modo ottimale e continuo.
Le materie prime e l’energia sono portate alla periferia dal sangue arterioso contenuto nelle arterie che partono dal cuore e che si assottigliano sempre più fino a divenire piccoli vasi con parete molto sottile detti capillari: a questo livello avvengono gli scambi sangue tessuti nei due sensi.
Il sangue si impoverisce di ossigeno, cede le sostanze necessarie e si carica di «rifiuti», detti in termine medico «cataboliti».
Questo tipo di sangue per ritornare al cuore è convogliato in vasi prima più piccoli detti venule e poi man mano più grandi: vene.
Anche nel cuore questi due tipi di sangue sono nettamente distinti nella parte destra (Atrio e Ventricolo) è contenuto sangue venoso nella parte sinistra (atrio e ventricolo) sangue arterioso.
Quella descritta fin qui è la grande circolazione quella cioè che dal cuore porta sangue ossigenato a tutte le cellule e di qui ritorna quello che deve essere riossigenato.
Nelle vene, al sangue contenuto, si aggiunge, ad un certo punto di questo circuito, la linfa portata da collettori particolari detti vasi linfatici; la linfa è un liquido drenato dalla periferia non contiene globuli rossi ed è biancastro.
I vasi linfatici più periferici sono sottilissimi, (quasi come un capello), cominciano a fondo cieco e portandosi verso il centro aumentano di volume; essi devono interrompersi più volte in stazioni intermedie formate da Linfonodi.
Per completare questo discorso sulla circolazione è bene dire, pur senza precisarne i dettagli, che nel nostro organismo esistono due altre fondamentali «circolazioni»: la piccola circolazione dove il sangue viene portato dal cuore destro ai polmoni e da questi ritorna al cuore sinistro dopo che, attraverso, la sottilissima parete alveolare sono avvenuti gli scambi sangue-aria; e la circolazione portale quella che drena il sangue dall’intestino e lo porta ad essere filtrato ed elaborato dal fegato prima di gettarlo nelle vene che tornano al cuore.
Lo specialista angiologo si occupa in modo particolare della grande circolazione ed in modo specifico dei vasi nella quale essa deve avvenire cosicchè si distinguono diverse patologie di sua stretta pertinenza:
Le Arteriopatie: malattie delle arterie.
Le Flebopatie: malattie delle vene.
Le Linfopatie: malattie dei vasi linfatici.

Galgano Ernesta -angiologo
pubblicazione del 1983

VENE: UN PROBLEMA DELL’ESTATE

Naturalmente questa particolarità della fisiologia umana non si applica quando un soggetto é immobile e sdraiato, posizione nella quale si passa un terzo della propria vita. Nei restanti due terzi della vita la posizione assunta é quella verticale, che mette in evidenza la differenza fra soggetto sano in movimento e soggetto con problemi di circolazione venosa.

Lo sviluppo di una insufficienza venosa dipende in gran parte dalle condizioni di vita e da fattori predisponenti, quali, ad esempio, le professioni che richiedono una stazione eretta prolungata.
Il clima ha un significato determinante come quando il caldo provoca vasodilatazione, cioé aumento del calibro delle vene: possono essere evidenziati dapprima disturbi fastidiosi quali pesantezza delle gambe, inestetismi cutanei tipo capillari e piccole varicosità e poi, disturbi francamente patologici, cioé la vera e propria malattia varicosa.
Vediamo brevemente alcuni consigli:
regime alimentare:
 non esistono particolari regimi dietetici, ma bisogna combattere l’obesità ed evitare aumenti improvvisi di peso corporeo ed eccessi alimentari, eliminando vino, liquori, caffè;
abbigliamento: vestiti e guaine troppo strette possono provocare disturbi venosi e fragilità capillare, come pure scarpe troppo strette e con tacchi o troppo bassi o troppo alti;
fonti di calore: l’esposizione prolungata al sole, in posizione immobile é molto dannosa, pertanto é necessario muoversi e proteggere gli arti inferiori, come pure sono dannose cerette troppo calde e raggi ultravioletti abbronzanti.
La prevenzione si attua anche combattendo i primi sintomi, quali pesantezza degli arti inferiori e fragilità capillare. Un ruolo molto importante é dato dall’esercizio muscolare, in quanto la forza compressiva dei muscoli aiuta il meccanismo di pompa che favorisce il ritorno del sangue al cuore, evitando il ristagno nei grossi vasi delle gambe, con conseguente malattia varicosa.

Prevenzione:sport, quali nuoto, marcia, ciclismo, pattinaggio, esercizio ginnico con flessioni sulle ginocchia e la punta dei piedi, yoga, bagni e docce tiepide, durante la notte posizionare le gambe leggermente più alte del resto del corpo, massaggi dolci e graduali.

Prevenzione e cura da attuare da parte del medico:
compressione, molto importante nella terapia flebologica, attuata con bende elastiche adesive o non adesive, applicate a lisca di pesce, dalle dita del piede fino alla coscia, assicurando una compressione uniforme; bende all’ossido di zinco, da usare quando compaiono reazioni infiammatorie con edema e pelle eczematosa; calze elastiche, tipo i collant a diverso grado di contenzione; farmaci flebotonici, soprattutto a base di estratti vegetali come rutina, escina, flavonoidi; cure termali, tramite bagni completi con docce o idromassaggi.
Questa breve rassegna di trattamenti preventivi naturalmente non permette di evitare la comparsa di gravi disturbi della circolazione venosa: é importante in ogni caso consultare il medico e attenersi a una vita sana con molto movimento e pasti regolari.
Infine, la prevenzione va attuata tutto l’anno, non solo quando l’estate fa sentire le gambe più pesanti o aumentano i capillari per l’eccessiva esposizione al sole.

Angelo BARONE -chirurgo plastico
pubblicazione del 2000

CELLULE STAMINALI DEL CORDONE OMBELICALE

D’altra parte Ie cellule staminali del cordone ombelicale rappresentano una formidabile alternativa al trapianto di midollo osseo e ad oggi sono più di 75 Ie patologie che vengono affrontate con il loro utilizzo: non solo nell’ambito delle più gravi patologie del sangue, ma anche per i tumori solidi, la riparazione e ricostruzione dei tessuti, iL diabete infantile e molte altre malattie. L’elenco è sicuramente destinato ad allungarsi sia per I’eccezionale plasticità cellulare che caratterizza Ie staminali del cordone ombelicale, sia per la velocità con cui, per fortuna, progredisce la ricerca medica scientifica.

Crylogit-Regener è il nome dell’ Azienda italiana leader nella crioconservazione delle cellule staminali del cordone ombelicale, e offre la possibilità di ricevere il kit a casa, dopo aver compilato il modulo di richiesta, scrivendo a info@crylogiUt o scaricabile direttamente dal site http://www.crylogiUt .oppure possono essere richieste informazioni al numero verde 800 128 393.
“Oggi, dice Claudio Lotti, amministratore unico di Crylogit-Regener, Ie donne hanno in mano un potere importante, di cui spesso non sono consapevoli: salvare dalla pattumiera il cordone ombelicale al momento del parto e decidere per la crioconservazione autologa (cioè ad uso proprio/familiare) delle cellule staminali contenute nel sangue del cordone stesso. In questa modo ogni mamma ha il potere di non delegare in merito alla salute del figlio e creare una sorta di assicurazione biologica anche per il resto della famiglia”. Conservare Ie staminali del “proprio” cordone ombelicale oggi costa poco ma soprattutto, finalmente, è possibiIe farlo con società italiane, che finanziano progetti di ricerca sviluppati per intero in centri ospedalieri ed universitari d’eccellenza del nostro paese; la possibilità invece della donazione, in una “banca pubblica”, purtroppo si scontra tuttora, quotidianamente, con I’incapacità degli ospedali di garantire la raccolta del cordone e la corretta conservazione delle cellule.

Autore: Dr. Aldo Franco DE ROSE Specialista Andrologo e Urologo Genova
aldofdr@libero.it
Pubblicazione giugno 2010

IMSI- UNA TECNICA PIU’ EFFICACE DELLA FECONDAZIONE ASSISTITA

Un pioniere, in Italia e all’estero, che ha stupito il mondo scientifico intero per la sua originalità e successo in questa campo (ad oggi 11mila parti con fecondazione assistita), e il prof Severino Antinori, che da sempre ha dei punti fermi ed irremovibili ce lo contraddistinguono: prima di qualsiasi tentativo di fecondazione assistita e necessaria che la coppia sia studiata, cercando di correggere eventuali disturbi maschili e femminili, prodigandosi ed adoperandosi soprattutto per un parto in modo naturale. Quando questa non è possibile, allora ben venga la fecondazione assistita, anche in età avanzata, a patto che esista un buon equilibrio psicotico della coppia e assenza di malattie da parte della futura madre. E il primato in questa campo spetta proprio al
prof Severino Antinori che mediante la fecondazione assistita ha fatto partorire una donna di 63 anni. Oggi però, in tema di fecondazione assistita, ha solo una preoccupazione: scegliere lo spermatozoo migliore, quello che ha più probabilità di fecondare. “Per fare questo, precisa il prof Severino Antinori, è necessario raggiungere una magnificazione di 6600X tramite un sistema composto dalle lenti dell’invertoscopio, da una telecamera digitale, da un sistema di lenti esterno applicato alla telecamera e dalla dimensione in pollici del monitor ad alta risoluzione”.
In buona sostanza, tramite questa complesso sistema di lenti e di ingrandimenti è possibile osservare, in tempo reale, la morfologia fine degli spermatozoi. Molte sono le patologie che affliggono il seme maschile. Insomma tutta questa attenzione per scegliere lo spermatozoo meglio conformato e con pia possibilità di fecondare, riducendo di molto i tentativi inutili di fecondazione assistita. “Tramite tale metodica infatti, continua il prof Antinori, si possono osservare malformazioni a carico delle diverse regioni; vacuolizzazioni, forme globulari, piriformi, gravemente piriformi della testa, acrosomi con diverse morfologie o che rivestono porzioni diverse della superficie della testa; colli malformati; code doppie, spezzate, inclinate di 90 gradi rispetto alla forma fisiologica (e quindi inabili alla trasmissione del movimento) o mancanti del tutto sono ora individuabili facilmente”.
Diventa dunque possibile selezionare lo spermatozoo in maniera diversa, ancora più rigorosa. Inoltre, ora diviene possibile individuare anche quegli spermatozoi dall’aspetto morfologicamente normale, ma che presentano delle anomalie dell’ultrastruttura interna. L’impiego di questa metodica diventa quindi ancora più selettiva rispetto alla ICSI classica, che ora viene chiamata IMSI.
“Utilizzare tale metodica nell’analisi del seme di pazienti che si sono già sottoposti a precedenti tentativi di fecondazione assistita, con esiti negativi, sottolinea il prof Severino Antinori, potrebbe dare una maggiore percentuale di gravidanza.
Ovviamente, tale analisi deve essere effettuata in concomitanza di altre analisi investigative su possibili cause congiunte di infertilità, a carico sia dell’uomo che della donna. E nell’uomo e importantissimo il ruolo dell’andrologo che dovrà essere in grado di individuare e curare eventuali malattie, dal varicocele alle infezioni delle vie seminali (prostatiti, epidi­dimiti) a quelle sessualmente trasmesse.

Composizione dello spermatozoo
Lo spermatozoo, infatti, è un complesso vettore portatore, nella regione cefalica, dell’informazione genetica. Le dimensioni della testa, del collo e della coda sono state ben definite da eminenti specialisti tutti concordi nell’affermare che variazioni troppo ampie dalle dimensioni fisiologiche influiscono su diverse caratteristiche dello spermatozoo stesso, come ad esempio la velocità (fornita dal movimento del flagello), la direzione del movimento o la capacità di entrare in contatto con il gamete femminile (l’oocita).
Importante però è prestare molta attenzione alla vitrificazione cioè a quel processo che permette di congelare gli oociti impiegando pochissimo tempo e sottoponendo gli stessi al minor stress possibile. La vitrificazione di ovociti ed embrioni derivanti da varie specie animali è largamente impiegata; le tradizionali metodiche di congelamento, “lento” e “rapido”, hanno fornito e forniscono tuttora ottimi risultati, ma oggi l’attenzione è decisamente spostata verso questa
tecnica, di recente introduzione in Italia, ma già in uso in altri paesi. I vari processi che servono per crioconservare gli oociti, precisa la dottoressa Monica Antinori, richiedono l’impiego di soluzioni contenenti diversi composti, tra i più importanti dei quali annoveriamo i crioprotettori (ossia sostanze che proteggono l’oocita da eventuali danni derivanti da stress termico) e il sucrosio (particolare tipo di zucchero)”. AI contrario delle “vecchie” metodiche, che richiedevano delle specifiche macchine per permettere al materiale biologico di raggiungere temperature come -196°C, con notevole dispendio di tempo (circa tre ore), questa nuova tecnica permette
il raggiungimento di bassissime temperature in maniera pressochè immediata. “II materiale biologico, opportunamente trattato, dice il prof Monica Antinori, viene infatti immerso direttamente in azoto liquido”. “Risultano notevolmente migliori, continua il prof Severino Antinori, anche i tassi di soprawivenza degli oociti al momento dello scongelamento e vengono eliminate così problematiche intrinsecamente legate alle “vecchie” metodiche, (ad es. la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno dell’oocita, dannosi per le strutture cellulari).
Gli oociti vengono posti in soluzioni apposite e preparati per il trattamento, dopodichè sono prelevati e depositati su speciali “provette” che verranno immerse in azoto liquido. II materiale biologico può essere conservato per un lungo periodo di tempo senza risentire in modo significativo dello stress termico.
La tecnica della vitrificazione, poichè non prevede l’uso di macchinari specifici, richiede una elevata abilità manuale da parte dello staff addetto all’esecuzione di tale metodica.

Autore prof.Aldo Franco De Rose
Specialista Andrologo e Urologo Genova
aldofdr@/ibero.it

ALLERGIE

In particolare i dermatofagoidi colonizzano le suppellettili imbottite e ricoperte in tessuto, quali materassi, cuscini, piumini, coperte, poltrone e divani, ed inoltre tappeti e moquette, dove possono reperire facilmente le sostanze necessarie al loro nutrimento, costituite in gran parte dalla desquamazione cutanea dell’uomo e degli animali domestici presenti nell’ambiente.
Gli allergeni degli acari sono soprattutto concentrati nei loro escrementi, che aderiscono tenacemente alle fibre dei tessuti e i cui frammenti, di dimensioni ridottissime, possono facilmente disperdersi nell’aria ed essere inalate. Con l’uso dell’aspirapolvere gli allergeni vengono sospesi nell’aria e possono più agevolmente entrare nelle vie respiratorie. E’ anche importante tener presente che un’esposizione continua ad elevate concentrazioni di allergeni non è solo causa di gravose manifestazioni per i soggetti allergici, ma favorisce la sensibilizzazione e lo sviluppo di malattie in coloro che sono geneticamente predisposti a queste. Ciò è soprattutto evidente nei bambini. Fondamentale risulta perciò il ricorso alla prevenzione che consente di tenere sotto controllo l’ambiente e mantenerlo nelle migliori condizioni.
Come per tutte le forme allergiche, anche nel caso dell’allergia alla polvere domestica il consiglio terapeutico più logico è quello di allontanare gli allergeni dall’ambiente.
I metodi convenzionali (eliminazione di tappeti e moquette, sostituzione di materassi e cuscini ecc.) se pur raccomandabili, in molti casi non sono sufficienti. Anche l’ immunoterapia specifica, se non accompagnata da adeguate misure di prevenzione e di bonifica, non è in grado di dare da sola i risultati, specialmente quando la concentrazione degli acari è estremamente elevata.
Molti prodotti messi a punto per bonificare l’ambiente si limitano soprattutto all’eliminazione degli acari ed alla loro rimozione insieme a quella parte dei loro allergeni che può essere allontanata ricorrendo ad aspirapolveri di notevole potenza e con filtri estremamente selettivi.
I laboratori Allersearch,hanno commercializzato in Italia prodotti, sia sotto forma di soluzione che di polvere umida, che affrontano il problema da un’ altra angolazione.
Da una parte il prodotto è costituito da tanacetano, frazione a basso peso molecolare dell’acido tannico la cui proprietà è di denaturare le proteine allergeniche (acari, forfore, micofiti ed anche alcuni pollini).
D’altro canto le caratteristiche specifiche del tanacetano sono esaltate dall’impiego, in qualità di solubilizzante ottimale, dell’ alcool benziIico.
E stato inoltre provato che l’ ac. tannico e le sue frazioni purificate sono del tutto innocue per l’uomo e per gli animali.
Gli effetti collaterali nel corso delle ricerche sono stati rari, e limitati: esclusivamente a pochi fenomeni di dermatite da contatto.
I prodotti si applicano con facilità, direttamente sulle superfici da bonificare. Il trattamento deve essere ripetuto ogni due/tre mesi.

Il Laboratorio nello Studio delle Malattie Allergiche
I metodi tradizionali di diagnosi allergologica, insieme alla storia clinica, costituiscono il punto di partenza per lo studio del paziente allergico.
Come è noto essi sono rappresentati dai test cutanei, dai test di provocazione e dal dosaggio delle IgE specifiche per l’ allergene responsabile della sintomatologia. (tab.1)

Tabella 1 – Tests convenzionali per la diagnosi allergologica.

 

TEST IN VIVO
Tests cutanei (per puntura, scarificazione, intradermici, epicutanei)
Tests di provocazione (congiuntivale, buccale, nasale, bronchiale)

TEST IN VITRO
Ricerca IgE e IgG specifiche
Ricerca di anticorpi precipitanti o emoagglutinanti

 
I test tradizionali hanno l’indiscutibile vantaggio, a costi relativamente bassi, di permettere l’identificazione del paziente allergico, e di orientare la scelta terapeutica (es: allontanamento dell’ allergene, programmazione di un ciclo di vaccinazione), ma non sono in grado di quantificare la gravità di una affezione allergica o il grado di attività dell’ infiammazione allergica che spesso persiste anche in temporanea assenza di sintomatologia.
In altre parole i test tradizionali ci dicono se un paziente è allergico ma non ci dicono quanto o in che misura un paziente è allergico. Per definire questa nuova e fondamentale dimensione dell’allergologia sono state messe a punto metodiche di laboratorio in grado di quantificare i numerosi mediatori biologici che intervengono nella flogosi allergica.
Questi mediatori, dosati nel sangue periferico o in altri liquidi biologici (secreto nasale, lacrime, secreto bronchiale ecc.), si sono rivelati utili marcatori di monitoraggio dello stato di attività di una sindrome allergica.
I mediatori sono il prodotto di quelle cellule come i mastociti, i basofili e gli eosinofili, i linfociti, i granulociti, coinvolti nella flogosi allergica.
Per quanto riguarda i mediatori eosinofilo-derivati, si è reso recentemente disponibile un test radioimmunologico per il dosaggio della proteina cationica degli eosinofili (ECP) nel siero ed in altri liquidi biologici.
Nei soggetti asmatici e nei pazienti con dermatite atopica, si riscontrano valori sierici di ECP notevolmente elevati.
La concentrazione di ECP è spesso in rapporto alla gravità dell’asma, aumentando nelle fasi di attività della sindrome asmatica. Pertanto la misurazione di questo parametro può essere utile per il monitoraggio dei pazienti asmatici.
Nei pazienti affetti da patologie respiratorie e in pazienti con affezioni dermatologiche (ad esempio orticaria) può essere utile la determinazione della mieloperossidasi derivata dai granulociti neutrofIli (MPO), che consente di accertare la partecipazione e l’attività di queste cellule nel processo patologico.
MPO tende ad aumentare in patologie infettive (ad esempio infezioni batteriche), mentre l’aumento dei livelli di ECP orienta la diagnosi verso una forma allergica.
Altri mediatori cellulari utili nella valutazione delle allergopatie sono rappresentati dall’ istamina e dalla triptasi.
Il test di liberazione istaminica dai basofili può essere utile all’allergologo per valutare la “releasability” cioè la capacità di rilascio cellulare dei mediatori, che determinano la gravità della malattia. In altre parole, quanto maggiore è la “releasability” , tanto maggiore sarà la quantità di effettori cellulari prodotti e in definitiva, più accentuata la sintomatologia. Il secondo mediatore, la triptasi, è più stabile a livello ematico rispetto all’istamina, pertanto risulta più agevole la sua misurazione.
La triptasi serica rappresenta un indice molto attendibile di attivazione mastocitaria.
Il dosaggio di questa proteina può rivelarsi utile per la diagnosi di anafilassi in soggetti andati incontro a morte improvvisa dopo puntura di imenotteri, dopo somministrazione di farmaci o dopo ingestione di alimenti.
Si può ricorrere al dosaggio di triptasi in corso di test di provocazione, nei liquidi di lavaggio broncoalveolare, nel secreto nasale e lacrimale.
In conclusione, nei liquidi biologici la triptasi risulta elevata quando la patogenesi è su base allergica.
Tra le indagini diagnostiche condotte su cellule, può affiancare il test di liberazione istaminica, una interessante tecnica denominata CAST-ELISA (Cellular antigen stimulation test), basata sulla capacità di alcune cellule del sangue (principalmente granulociti basofIli) di sintetizzare sulfidopeptide­leucotrieni, dopo appropriato stimolo allergenico.
Si ricorda che i leucotrieni avendo un effetto contratturante sulla muscolatura liscia bronchiale (centinaia di volte superiore a quella dell’istamina) svolgono un ruolo primario nella patogenesi dell’ asma bronchiale.
È stato evidenziato oltre alla buona concordanza tra Cast e test allergologici tradizionali (test cutanei Rast e prove di provocazione) anche ad una potenziale applicazione della metodica al di fuori delle malattie allergiche IgE­mediate, in particolare nelle sin­dromi non-IgE-mediate o in quelle pseudo-allergiche, per valutare una sostanza sospetta (ad esempio farmaci).
Deve essere ricordato infine che alcuni test dell’immunità cellulomediate (test di blastizzazione e concomitante dosaggio di interferon-gamma, IL-4 e/o altre citochine) possono essere utilizzati in alcuni casi di allergopatie IgE­mediate soprattutto da farmaci.
Il rapporto tra interferon-gamma e IL4 può essere valutato in corso di immunoterapia specifica (ad esempio prima e dopo rash- immunotherapy per veleno di imenotteri, per documentare l’avvenuto switch della risposta immunitaria da TH2 a TH1).

Tabella 2

 

La diagnostica di laboratorio delle principali malattie allergiche può avvalersi delle seguenti metodiche:
- IgE totali
- Determinazione IgE Specifiche verso gli estratti allergenici e/o verso allergeni ricombinanti (esempio BeT VI e BeT V2) con metodo CAP system o altri.
- Determinazione delle IgG allergene-specifiche e rast-inibizione
- Dosaggio di ECP e MPO
- Dosaggio di Triptasi
- Dosaggio di Leucotrieni e prostaglandine
- Liberazione in vitro di istamina
- Produzione de novo in vitro di sulfidopeptideleucotrieni (CAST- ELISA)
- Liberazione di PAF da sospensione leucocitaria
- Proliferazione di linfociti in risposta ad antigeni e mitogeni
- Clonaggio di linfociti T e B, relativi marker.
- Dosaggio e produzione di citochine (esempio IL4, IL6, IFN-gamma) e recettori solubili per citochine.
- Sintesi in vitro di immunoglobuline spontanea o indotta da antigeni o mitogeni.
- Test funzionali (chemiotassi, fagocitosi, chemioluminescenza)
- Dosaggio di tutte le frazioni complementari e CH50
- Detenninazione di C1 INA
- Immunocomplessi circolanti non specifici e a specificità nota
(misurando il tasso di antigene o di anticorpi).
- Tipizzazione HLA
- Anticorpi antigliadina
- Ricerca di anticorpi precipitanti
- Marker del collagene (PIIINP, PICP, PINP, NC1, A8).

 

PARLIAMO DI VACCINI ANTI – ALLERGICI
Colloquio con Renato Enzo Rossi allergologo presso le Unità territoriali di Allergologia della provincia di Cuneo.
Giornalista: Cerchiamo di spiegare innanzitutto in che cosa consiste un vaccino.
Dr Rossi: Un vaccino, o meglio, l’immunoterapia specifica, consiste nella somministrazione di un estratto allergenico a dosi scalari progressivamente crescenti, allo scopo di ottenere una riduzione della sensibilità del paziente verso l’allergene responsabile della sintomatologia.
G. A base di quali allergeni ambientali vengono allestiti i vaccini e quali risultano i preparati più efficaci?
R. I più comuni estratti allergenici per terapia vengono preparati con pollini di graminacee, urticaee, betullacee o di allergeni della polvere domestica (i famosi acari della polvere) o sono a base di derivati epidermici come quelli provenienti dal gatto o, infine, allestiti a partire da miceti come l’ Alternaria e il Cladosporum. L’efficacia di questi preparati è alta, come risulta dalle innumerevoli ricerche pubblicate sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali.
Nel caso poi dei vaccini allestiti con veleni di imenotteri l’efficacia del vaccino si attesta intorno al 95%.
G. Per quali malattie allergiche è indicata l’immunoterapia specifica?
R. L’indicazione elettiva dell’immunoterapia è rappresentata dalla rinocongiuntivite allergica, In quest’ultimo caso il vaccino si è dimostrato un vero e proprio salvavita. G. Ci sono controindicazioni a praticare il vaccino?
R. Costituiscono una controindicazione le malattie che interessano, primitivamente o secondariamente il sistema immunitario (deficit immunologici, connettiviti, tumori), gravi malattie renali o epatiche, dermatiti estese.
La gravidanza non costituisce una controindicazione al vaccino. Mentre è bene non avviare all’immunoterapia pazienti con ipertensione arteriosa in trattamento continuo con farmaci beta-bloccanti. Questa categoria di farmaci renderebbe infatti problematica la terapia di una eventuale reazione sistemica provocata dal vaccino. G. Quali sono le reazioni indesiderate in corso di immunoterapia specifica ?
R. Si possono avere reazioni locali, nella sede di iniezione (eritema. gonfiore, senso di tensione, prurito), oppure si possono avere sintomi che riproducono le malattie allergiche (rinite, asma).
Infine, se pur in rarissimi casi, si possono presentare orticaria generalizzata fino allo shock anafilattico.
In realtà questi ultimi eventi, con gli estratti allergenici attualmente disponibili sono, come ripeto, rarissimi ed hanno grosso modo una incidenza pari alle reazioni sfavorevoli provocate da altri farmaci penicillina. aspirina ecc) .
Le reazioni in genere si verificano entro pochi minuti dall’iniezione, in pratica entro i primi trenta per cui è indispensabile che l’allerglogo tenga sotto controllo il paziente per almeno mezz’ ora dopo la somministrazione e attui in caso di bisogno, le misure terapeutiche idonee a controllare le reazioni.
A tale proposito, è utile sottolineare che il vaccino deve essere praticato presso strutture specializzate.
G. Quando deve essere iniziato un vaccino?
R. Quanto prima possibile (a partire anche da 3-4 anni); è stato ampiamente dimostrato infatti, che i benefici dell’immunoterapia sono tanto maggiori e duraturi quanto più precocemente essa viene intrapresa. È bene poi ricordare che nel paziente allergico si verifica una condizione di infiammazione allergica persistente, caratterizzata da un aumento dei mediatori di flogosi. Questi mediatori sembrano agire su delicate strutture anatomiche (ad es: l’albero respiratorio) e possono provocare danni biologici irreversibili.
Pertanto l’immunoterapia, l’unica terapia in grado di modificare la storia naturale della malattia allergica riesce a interrompere il circolo vizioso di automantenimento della flogosi, tipico di tutte le allergopatie respiratorie.
G. Come agisce, in senso biologico, il vaccino?
R. Sembra ormai accertato in maniera definitiva come nel paziente allergico prevalga una risposta immunitaria di tipo TH2 contrariamente a quanto avviene nei soggetti non allergici, caratterizzati invece da una risposta di tipo TH1.
Le risposte di tipo TH1, o di tipo TH2, per semplificare, rappresentano un modello di risposta immunitaria che avviene per mediazione di alcuni effettori biologici chiamati citochine (IL-4, IL-3, IL-l3, IL-5 nelle risposte TH2; IFNgamma e IL-2 nelle ri­sposte TH1).
Le citochine di tipo TH2 sono caratterizzate da una produzione aumentata e persistente di IgE allergene-specifiche (lgE sono gli anticorpi che “armano” mastociti e basofili, le cellule che liberano le sostanze responsabili dei sintomi dell’allergia).
Le citochine di tipo TH1, invece, sembrano inibire le reazioni che avvengono secondo la modalità precedente.
L’azione del vaccino, si esplicherebbe, appunto, a questo livello: farebbe virare una risposta da tipo TH2 ad un tipo TH1 portando perciò l’individuo allergico nelle condizioni immunologiche di un soggetto non allergico. Probabilmente i meccanismi sono ancora più complessi di quelli descritti e coinvolgerebbero anche i suddetti anticorpi-antiidiotipo, ma la complessità dell’ argomento è tale da non poter essere affrontato in questa sede.
Possiamo solo dire che questi anticorpi particolari possono competere con l’allergene, e quindi bloccare l’attivazione delle cellule effettrici. È stato dimostrato infatti che il vaccino è in grado di incrementare i livelli di anticorpi anti-idiotipo ed attraverso questa via attivare una sottopopolazione linfocitaria ad azione soppressiva sulla risposta di tipo IgE.
G. Da queste considerazioni emerge la notevole complessità dei meccanismi immunologici che regolano le risposte allergiche. Sarà possibile in futuro agire in maniera più selettiva su queste componenti?
R. Senza dubbio. Attualmente il vaccino può essere paragonato ad un “bombardamento antigenico”, in grado di stimolare in maniera, forse un po’ anarchica, il sistema. Ma oggi sono state identificate le porzioni molecoIari più rilevanti degli allergeni. Bisognerà attendere ancora pochi anni, e sarà possibile intervenire in maniera più selettiva nei pazienti allergici.
Si potrà “confezionare” allora, una terapia su misura.
Non sarà solo quindi più agevole curare, ma anche fare diagnosi più precise, e monitorare il decorso della malattia, e gli effetti della terapia grazie all’impiego di allergeni ricombinanti.
G. Per concludere cosa possiamo consigliare ad un paziente che voglia sottoporsi a immunoterapia specifica?
R. Di rivolgersi a centri specializzati: Servizi di allergologia dell’ Università o ospedalieri, ambulatori territoriali di allergologia o anche privatamente, presso professionisti specializzati in Allergologia e Immunologia Clinica. In questo modo i pazienti avranno la garanzia di trovare la professionalità necessaria per affrontare queste complesse problematiche. Anche perché ogni allergologo, in Italia, opera secondo le direttive della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica (SIAIC), il principale riferimento per l’aggiornamento e la formazione permanente.
L’ultimo consiglio che vorrei dare ai pazienti è di essere, mi scuso per il gioco di parole, molto pazienti (!!!) poiché l’immunoterapia specifica necessita di iniezioni mensili, per un periodo che varia dai tre ai cinque anni.
Questi tempi sono indispensabili per un buon esito anche per le cosiddette vaccinazioni alterative (ad esempio per via orale).

Giorgio Monasterolo – Laboratorio Analisi
Ospedale S:S: Trinità – Fossano
Renato Enzo Rossi – Unità Allergologica
Ospedale S.S. Trinità – Fossano
pubblicazione del 1996

ALLERGIE E INTOLLERANZE ALIMENTARI

Si parla invece di INTOLLERANZA ALIMENTARE quando un certo individuo manifesta una risposta clinica anomala ad un alimento ingerito per cui non sia dimostrato un meccanismo immunologico. La maggioranza delle reazioni avverse agli alimenti risultano reazioni di intolleranza. Qualsiasi alimento può provocare allergie.
Le allergie alimentari dipendono dalla capacità di alcune componenti degli alimenti stessi di stimolare reazioni immunologiche sostenute da anticorpi IgE (o da altra classe immunoglobulinica).
Una improntante caratteristica degli allergeni alimentari è la resistenza.
Infatti, per conservare la loro nocività devono poter resistere ai comuni trattamenti usati per la preparazione dei cibi (frammentazione, spremitura, cottura) e alla digestione gastrica ed enterica.
Vi sono alcuni allergeni considerati assai labili presenti nella frutta e nella verdura che possono provocare sintomi a carico del cavo orale o generalizzati, poco dopo il contatto con le mucose digestive, ma che non resistono alla cottura, alla spremitura, centrifugazione ed alla stessa conservazione prolungata.
Un esempio tipico è rappresentato dall’allergia alla mela, condizione assai frequente tra i soggetti allergici alla betulla, che quando mangiano un frutto fresco vanno incontro a prurito ed edema delle labbra e del faringe, a volte ad edema della glottide e spesso sintomi generalizzati.
Questi soggetti possono però mangiare senza problemi il frutto cotto, oppure anche conservato a lungo o il succo dello stesso ottenuto per spremitura o centrifugazione.
Questo avviene perché gli allergeni responsabili della sindrome vanno incontro ad una rapida denaturazione. Viceversa altri allergeni, in pratica quelli che provocano i disturbi persistenti, sono dotati di particolare resistenza alla cottura e alla digestione gastrica ed enterica.
Ad esempio l’ovomucoide e la beta-lattoglobulina sono allergeni importanti, rispettivamente dell’uovo e del latte, verosimilmente per la loro particolare resistenza alla bollitura ed alla digestione.
La frequenza di reazione agli alimenti è sicuramente superiore nell’età infantile che nell’ età adulta. La frequenza è elevata soprattutto nei primi tre anni di vita e diminuisce poi in funzione dell’aumentare dell’età.
Dopo i 10 anni d’età l’allergia alimentare diventa un fenomeno raro e si presenta con la stessa bassa prevalenza che si può riscontrare nell’età adulta ove non raggiunge lo 0,5%. Alcuni allergeni dei principali alimenti allergizzanti sono riassunti nella seguente tabella

alimento
allergene
latte a s, as1, a s2, -caseina
a-, K-, µ-Caseina
ß-latto-globulina
a-latto-albumina
proteasi
proteine del sangue
uovo ovalbumina
conalbumina
ovomucoide
G2, G3 globulina
ovomucina
lisozima
ovoinibitore
merluzzo antigene M
crostacei antigene I
antigene II
Diversa è la situazione che concerne l’allergia ad alimenti di natura vegetale quali frutta e verdura, che risulta essere condizionata dall’esistenza di allergia a betullacee, a graminacee e composite.
Essendo il numero di soggetti allergici ai pollini di queste piante relativamente elevato, si comprende come possa essere alto il numero di soggetti colpiti da questa forma di allergia, che si manifesta principalmente con sintomi localizzati alla bocca, ma anche con sintomi gravi come lo shock anafilattico.
Mentre nel bambino le allergie alimentari (ad es. al latte vaccino) si risolvono spontaneamente, in una alta percentuale dei casi entro i 3 anni di età, nell’età adulta le reazioni da allergia alimentare tendono difficilmente a scomparire.
Soprattutto le reazioni più gravi quali lo shock anafilattico o l’allergia alle sostanze vegetali non hanno la tendenza a scomparire e si ripresentano con regolarità ad ogni contatto anche con piccole quantità dell’alimento sensibilizzante. Una delle manifestazioni più temibili indotte dall’allergia alimentare è lo shock anafilattico. Questo quadro morboso, che dipende da una massima liberazione di istamina e di altri mediatori cellulari, interessa contemporaneamente diversi organi e sistemi:
-la cute con prurito, orticaria;
-l’apparato respiratorio con asma ed edema della glottide
-l’apparato cardiovascolare con ipotensione e aritmie cardiache.
I sintomi generalmente seguono rapidamente l’ingestione dell’alimento e si manifestano da 5 minuti ad un massimo di mezz’ora dopo il pasto.
Principali additivi in grado di scatenare reazioni allergiche o pseudo allergiche
additivi funzione
tartrazina (E102) colorante (bevande-dolci)
eritrosina (E127) colorante (bevande-dolci)
sodio benzoato (E211) conservante (dolci-bevande)
acido 4-idrossibenzoico conservante (pasta-pane)
solfiti antimicrobico sbiancante (vino-birra)
glutammato miglioratore di palatabilità (carni-dado)
aspartame dolcificante
I primi sintomi sono nausea, vomito, prurito sensazione di fastidio alla gola, formicolii alla faccia, alla bocca, alle estremità superiori, tachicardia e senso generalizzato di calore. A ciò può seguire orticaria rinite ed edema della glottide.
Come regola molte delle manifestazioni dopo circa 1 o 2 ore si risolvono.
In alcuni casi la morte può intervenire per edema della glottide o per collasso cardiocircolatorio. E’ opportuno anche segnalare l’esistenza di sindromi anafillatoidi da intolleranza agli additivi alimentari.
Gli alimenti contengono moltissimi additivi, alcuni di questi si aggiungono all’alimento durante la produzione (antibiotici nelle carni, pesticidi nei vegetali), altri vengono aggiunti successivamente come preservanti (benzoati, solfiti) o coloranti (tartrazina, eritrosina) esaltatori del sapore (monopodico-L-glutammato). L’intolleranza al glutammato, ad esempio, si manifesta in soggetti che abbiano assunto ingenti quantitativi della sostanza, come si verifica in occasione dei pasti consumati in ristoranti orientali che fanno largo uso del componente.
alimenti ricchi di istamina (in quantità decrescente) alimenti contenenti sostanze istamino-liberatrici
formaggi fermentati fragole
insaccati cioccolato
acciughe crostacei
fegato di maiale frutti di mare
pomodori pomodori
bevande fermentate pesci in scatola
salmone albume d’uovo
spinaci
tonno

L’intolleranza ai glutammati provoca una tipica sindrome che è definita appunto “Sindrome del ristorante Cinese”, caratterizzata dalla comparsa, 10-20 minuti dopo il pasto, di bruciore della pelle, tensione dei muscoli facciali e del torace, cefalea. Meno frequenti sono capogiro e diarrea.
Esistono infine alimenti in grado di provocare reazioni che simulano le allergie, ma attraverso meccanismi diversi dalle classiche reazioni allergiche, (reazioni pseudo-allergiche ). I sintomi vengono provocati dalla liberazione di istamina, sostanza che provoca orticaria e reazioni respiratorie. Diversi cibi sono ricchi di istamina, altri alimenti contengono invece sostanze istamino-liberatrici (vedi tabella)
DIAGNOSI
Stabilita, in base alla storia clinica o per mezzo di test di provocazione alimentare, l’esistenza di un rapporto di dipendenza dei sintomi con l’ingestione di un alimento, vi sono due possibilità diagnostiche:
1) praticare il test cutaneo
2) ricercare gli anticorpi IgE specifici per l’alimento.
Le indagini permetteranno di differenziare in tal modo una allergia tipica, o una reazione pseudo-allergica, o da intolleranza.

E.R. Rossi -allergologo
pubblicazione del 1992

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

La dermatite allergica può essere facilmente diagnosticata anche dai non addetti ai lavori grazie a standard estetici evidenti. Molto meno facile è invece individuare gli allergeni scatenanti la reazione essendo una risposta allergica non anticorpomediata e quindi non recuperabile a livello ematico.

Il metodo diagnostico prevede un’esposizione, per un certo numero di ore, alle sostanze, poste una per una su piccole superfici di pelle intatta, grazie a particolari cerotti. Le sostanze utilizzate sono selezionate in base alla frequenza di reazioni allergiche che sono in grado di scatenare e alla loro reperibilità. Ciò non toglie che ogni giorno vengano individuati nuovi allergeni con i quali sviluppare nuovi test epicutanei.
Importante è la tempestività della diagnosi per procedere alla desensibilizzazione del paziente con farmaci sistemici e non, e preventivamente con l’utilizzazione di guanti e creme barriera. Non è inusuale infatti riscontrare che anche soggetti con allergie relativamente importanti come appunto la dermatite da contatto, la rinite allergica, l’orticaria, l’ eritema solare sviluppino nel corso degli anni una maggiore sensibilità ad allergeni di altra natura potendo manifestare così reazioni allergiche più gravi.

Angela D’Anna – farmacista
pubblicazione del 1998

Perché a primavera…

Il polline delle piante che sfruttano la velocità delle correnti d’aria (dette anemofile ) che riesce a raggiungere fino a 15 chilometri di distanza dalla pianta di origine.
E se un fiore di betulla (betulla alba) produce fino a 4 milioni di granuli, è facile immaginare quanti ne siano contenuti in un metro cubo di aria primaverile.
Seppur invisibile (ogni granulo misura dai 5 ai 200 micron), il polline colpisce un esercito di settantamila persone nella sola città di Genova, pari ad un 10% sul territorio nazionale.
Ci si potrebbe aspettare che gli abitanti delle campagne soffrissero di allergie primaverili in percentuale maggiore, dati i frequenti contatti con le sorgenti di polline.
In realtà, recenti studi hanno evidenziato uno stretto legame tra allergie da pollini e l’inquinamento atmosferico. A parità di quantità di polline nell’aria, infatti, la presenza concomitante di inquinamento dovuto ai gas di scarico, fa quasi triplicare il numero di soggetti allergici.
Un altro fattore da non sottovalutare è la componente ereditaria.
La probabilità di prole allergica cresce, infatti,  del 30% se ambedue i genitori sono affetti da pollinosi, ed aumenta ulteriormente (circa del 70%) se addirittura sensibili allo stesso allergene.
I risultati di questi studi evidenziano come non siano da sottovalutare fattori solo apparentemente estranei ma, in realtà, molto aggravanti di queste affezioni allergiche stagionali.

Caterina DE VITO
Antonella PEDRINI
Silvio ROSSI
Edoardo SCHENARDI
A.GI.FAR.L.
Associazione Giovani Farmacisti Liguri
pubblicazione del 1995

Allergie Imprevedibili

E’ verosimile che l’incidente anafilattico possa essere ascritto alla cross­reazione tra le due piante (Subiza J e coli. J .Allergy Clin. Immunol. 84 : 353, 1989.
Allergia da nichel
Il nichel è uno degli allergeni più diffusi e causa più comune di allergia da contatto. Una fonte possibile del metallo, oltre a bracciali e monili, può essere il comune gessetto da lavagna e i danni connessi con il suo impiego possono colpire coloro che ne fanno largo uso (ad esempio insegnanti).
Si ritiene possibile che il rilascio di nichel dal gessetto aumenti con il sudore e il prolungato contatto e sia responsabile di eczema soprattutto alle mani ( Zonca A. c coll., Contact Dermatitis, 19: 143, 1988).
Allergia al polline
Una causa non infrequente di allergia è quella provocata da polline ingerito come prodotto dietetico con l’indicazione di ricostituente ed energizzante, secondo i dettami della cosiddetta medicina naturale. Le pallottoline di polline sono commercializzate nei negozi di dietetica e nelle farmacie come rimedi totalmente innocui e privi di controindicazioni. Che questo non sia sempre vero lo dimostra il grave shock anafilattico che ha colpito una giovane donna a Strasburgo. La donna era portatrice di una pollinosi con polisensibilità a Graminacee e Composite. Le “pelotas” di polline incriminate contengono pollini di varie specie fra i quali le Artemisie.(Hurr N. Rev.Fr.Allergol. 29: 147,1989).
Allergia al Katon CG
Il Kathon CG è un preservante attualnente molto usato in vari cosmetici, quali shampoo ed altri prodotti per capelli, saponi, creme e lozioni idratanti. L’elevata incidenza di sensibiizzazione nelle donne è legata all’ esposizione domestica (cosmetici, prodotti da toeletta) al Kathon CG. n Italia, l’incidenza di sensibilizzazione a questo prodotto è maggiore al Nord probabilmente per gli influssi di un clima più freddo che comporta un maggior consumo di prodotti protetivi della pelle. Attualmente l’uso del Kathon CG e di altri Kathons non è permesso nella CEE in prodotti farmaceutici o dermatologici ne’ come additivo negli alimenti.(Pigatto e Coll. Boll. Derm. Allergol .Profess. 4: 203, 1989).
Allergia alla gomma naturale (lattice)
Da qualche tempo stanno aumentando i casi di sensibilizzazione alla gomma naturale o di lattice, oggi impiegata nella produzione di articoli sanitari: Un comune impiego della gomma naturale avviene nella fabbricazione dei prolilattici, usati sia come anticoncezionali sia nella prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale. In uno studio condotto in Finlandia sono stati riscontrati in abituali utilizzatori del profilattico un certo numero di manifestazioni a carico dei genitali rappresentati da prurito, gonfiore, orticaria, in rapporto con l’uso del profilattico stesso.
In molti casi poi, diversi pazienti non mettono in relazione i disturbi con l’uso del condom stesso. E’ necessario pertanto che il medico valuti tale eventualità. (Turjan­maak Contact Dermatitis 20:360,1989).
Allergia alla saliva del cane e del cavallo
E’ stato recentemente segnalato un insolito caso di orticaria da contatto alla saliva di cane. Una ragazza di 17 anni aveva notato l’immediata comparsa di reazioni ponfoidi nelle sedi cutanee leccate dal suo cane alsaziano.
I test allergologi praticati con la saliva di cane e con comuni allergeni risultavano positivi per la saliva del cane, graminacee e cereali. Ai numerosi fattori causali dell’orticaria bisogna dunque tener presenti anche l’effetto di alcuni fluidi biologici come la saliva di cane e cavallo. (Valsecchi R. e colI. Contact Dermatitis 20:62, 1989).

Renato Enzo ROSSI Allergologo
Ambulatorio di Allergologia U.S.S.L. 58
Via C. Boggio 14CUNEO