CONTRACCEZIONE: UNA REALTA’ PER LA COPPIA

«Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza … non è mezzo per il controllo delle nascite» 

Partendo da questo presupposto, considerando l’enorme incremento che la popolazione umana ha avuto negli ultimi decenni, e, soprattutto, essendo personalmente convinti che ogni bambino ha il diritto di nascere desiderato, appare logico sostenere che l’educazione sessuale, la prevenzione e soprattutto l’infor­mazione sui metodi contraccettivi vanno intensificate.
II discorso sulla contraccezione può essere condotto in modo molto ampio, data la complessa sfaccettatura del problema. Noi cercheremo di schematizzare quanto più possibile la trattazione, mettendo in evidenza quegli aspetti che rivestono un interesse più generale lasciando poi al colloquio col ginecologo il compito di chiarire quei punti che possono rivestire un interesse più particolare e personale. A questo proposito va subito detto che la prima e più importante questione riguarda proprio il rapporto medico-paziente. Troppo spesso infatti il ginecologo si trova ad affrontare il discorso sulla contraccezione esclusivamente con la donna, il che denota l’esistenza di un disinteresse o almeno di una sorta di imbarazzo da parte del partner maschile. Va invece ancora una volta sottolineato come la contraccezione sia un problema di coppia e che va affrontato con la coppia al fine di valutare la reale motivazione e necessita dell’uso di un metodo contraccettivo. E’ basilare che la coppia rifletta sui metodi anticoncezionali proposti o sconsigliati dal ginecologo al fine di scegliere quello più accetto.
Possiamo dividere i metodi contraccettivi in alcuni gruppi in base al meccanismo d’azione. Distingueremo pertanto:
- metodi di barriera maschili
- metodi di barriera femminili
- metodi basati sul ritmo mestruale
- contraccezione ormonale
- dispositivi intrauterini (IUD)
Prima di passare in rassegna questi gruppi di tecniche contraccettive occorre spendere qualche parola su quello che purtroppo resta ancor oggi il più diffuso dei metodi contraccettivi, se così si può definire: vogliamo cioè alludere al cosiddetto «coito interrotto». Questo termine sta ad indicare quella tecnica consistente nell’estrazione del pene dalla vagina prima che avvenga l’eiaculazione.
A parte la considerazione che la media delle gravidanze indesiderate si aggira intorno al 18-19% donne-anno, dimostrando così il suo alto margine di insicurezza, resta il fatto che questo metodo finisce con l’indurre nella coppia uno stato d’ansia, di tensione psichica che impedisce di vivere completamente e liberamente il rapporto sessuale.
Sempre come premessa è utile ricordare il concetto di efficacia di un metodo contraccettivo. La formula più semplice per valutarla è il cosiddetto «indice di Pearl» proposto da Raymond Pearl nel 1932. Esso esprime il numero di gravidanze che si hanno in 100 donne che usano un dato metodo per la durata di un anno (di qui il concetto di donne-anno espresso poc’anzi). Ad esempio per ciò che riguarda il coito interrotto l’indice di Pearl, secondo gli Autori, e compreso tra 10 e 30.

Metodi di barriera maschili
Questi metodi si esprimono fondamentalmente nell’uso del profilattico. Esso può venire usato in alcune condizioni:
- quando è il partner maschile ad assumersi la responsabilità della contraccezione;
- quando la donna ha partorito da poche settimane e non può quindi ancora ricorrere ad altri contraccettivi;
- quando la donna è in attesa di iniziare ad assumere la pillola o di applicare un dispositivo intrauterino;
- quando si hanno rapporti ses­suali sporadici e poco frequenti;
- nei casi in cui non è possibile, per ragioni mediche, ricorrere ad alcun altro metodo contraccettivo.
Il profilattico deve essere usato immediatamente prima del rapporto sessuale ed estratto dalla vagina subito dopo l’eiaculazione in modo da impedire che una certa quantità di sperma possa fuoriuscire. Esso è privo di effetti dannosi sull’organismo ed è il metodo più semplice che si può utilizzare in casi di emergenza, quando il rapporto sessuale non era stato previsto. Se si rispettano scrupolosamente tutte le precauzioni, si può affermare che il rischio di gravidanza e inferiore al 5 %.

Metodi di barriera femminili
A parte i vari tipi di coppe (cervicale – a volta – vimule) questi metodi si concretano
essenzialmente nel «diaframma». Esso è costituito da una sottile cupola di gomma inserita su un anello metallico elastico. Ne esistono diversi tipi e di diverse misure a seconda delle caratteristiche anatomiche del soggetto. Per ciò che riguarda il meccanismo d’azione esso consiste nel creare una barriera che impedisce agli spermatozoi di raggiungere l’uovo e di fecondarlo. Esso va applicato 1-2 ore prima del rapporto sessuale – dopo averlo cosparso ai lati di una crema spermicida che ne aumenta l’efficacia e quindi la sicurezza – e non va tolto prima di 6-8 ore dopo che il rapporto è avvenuto.
E’ quindi fondamentale che la donna accetti volentieri questo metodo perché è l’unico che richieda l’acquisizione da parte della donna di una certa manualità per poter inserire e rimuovere il diaframma stesso. Quindi non è indicato nei casi in cui la donna prova fastidio a toccare frequentemente i propri genitali o teme che possa spostarsi durante il rapporto. Infine non permette di avere più di un rapporto nell’arco di 6-8 ore dal momento che occorre applicare nuovamente la crema spermicida e quindi rimuoverlo e reinserirlo. Sono punti a suo favore invece il fatto di essere innocuo, economico, nel complesso facile da usare e utilizzabile dalla maggior parte delle donne.
E’ utile tuttavia farsi controllare dal ginecologo con una certa frequenza ed eseguire uno striscio vaginale ogni anno. Se viene usato con tutte le precauzioni il rischio di gravidanza e intorno all’8%.

Metodi basati sul ritmo mestruale
Il concetto su cui si fondano questi metodi e quello di evitare i rapporti nel periodo ovulatorio, quel periodo cioè che coincide con lo scoppio del follicolo maturo a livello dell’ovaio e che fa si che l’uovo sia fecondabile. Di questo gruppo ricorderemo essenzialmente:

L’astinenza periodica o metodo di Ogino – Knaus
E’ un metodo basato sul fatto che l’uovo conserva la possibilità di essere fecondato per circa 24 ore mentre gli spermatozoi hanno la capacità di sopravvi­venza e di fecondazione per circa 48-72 ore. Ne consegue che in ogni ciclo c’è un breve periodo durante il quale è possibile la fecondazione: la difficoltà sta nel fatto che i cicli mestruali di una donna possono non avere sempre la stessa durata e che anche in donne con cicli regolari fattori accidentali (stress, malattie, ecc.) possono modificarne la durata. A questo va aggiunto che il metodo ritmico ha lo svantaggio di limitare i rapporti a certi periodi del ciclo mestruale con conseguenti restrizioni dell’attività e della soddisfazione sessuale. L’indice di Pearl e circa 26.

Metodo della «temperatura basale».
Tale tecnica si basa sul rilievo della temperatura, mediante apposito termometro, posto nel retto o in vagina per 5 minuti, tenuto conto che nella donna in fase di ovulazione si può regi­strare un innalzamento della temperatura di 0.7 – 0.8 C’.
Se tali valori termometrici sono stati scrupolosamente registrati e se tale innalzamento termico si mantiene tale per almeno 72 ore, è giustificato pensare che il concepimento sia assai poco probabile nel periodo che va fino all’inizio della successiva mestruazione. Se il coito libero è dunque limitato alla fase postovulatoria, su 100 coppie che usano tale metodo, si hanno circa 7 gravidanze in desiderate in un anno.
Resta comunque il fatto che tali metodi di astinenza periodica sono da considerare nel complesso negativi sia per l’alto numero di gravidanze indesiderate che per i lunghi periodi di astinenza che essi impongono.
Rimangono ora da trattare gli ultimi due capitoli sulla contraccezione, vale a dire la contraccezione ormonale (pillola) e i dispositivi intrauterini (IUD).

Contraccezione ormonale (pillola)
Il discorso, in tema di pillola, è quanto mai vasto e complesso dal momento che gli studi compiuti al suo riguardo sono ancor oggi al centro dell’attenzione dei medici e non soltanto dei medici. Certo è che la pillola ha rappresentato e rappresenta il massimo risultato ottenuto dalla ricerca sui contraccettivi.
Per quanto riguarda il nostro Paese bisogna dire che il suo uso è ancora piuttosto limitato, specie se ci rapportiamo agli altri Paesi come l’Olanda, l’Australia, la Germania, gli USA ecc.: questo probabilmente trova spiegazione da un lato nei pesanti condizionamenti culturali, di costume e di tradizioni che ancora ci affliggono e dall’altro nell’ancora insufficiente informazione ed educazione sanitaria.
Intanto è opportuno spendere qualche parola sulle caratteristiche biologiche della pillola. Essa risulta dalla combinazione di due ormoni: estrogeni e progestinici. Come si sa, questi sono gli ormoni che normalmente vengono prodotti dall’ovaio: la loro regolazione dipende dall’attività dell’ipofisi (una piccola ghiandola posta alla base del cervello) che, nella sua azione di controllo sui sistema endocrino, produce, tra l’altro, 2 ormoni: l’ormone follicolo-stimolante o FSH e l’ormone luteinizzante o LH. A sua volta l’ipofisi risponde ad un controllo superiore esercitato dall’ipotalamo il quale dismette delle sostanze (definite releasing hormones o RH) che tramite il sistema vascolare portale giungono all’ipofisi controllandone cosi l’attività. Appare chiaro dunque che l’attività ipotalamo-ipofisi-ovaio è strettamente correlata: infatti se, ad esempio, la produzione ovarica di estrogeni e progesterone aumenta, si riduce proporzionalmente la dismissione ipotalamica di FSH-LH RH e conseguentemente quella di FSH ed LH ipofisari. II contrario avviene naturalmente qualora l’attività ovarica si riduca.
Date queste premesse è forse più facile adesso comprendere il meccanismo d’azione della pillola.
Essa infatti agisce a diversi livelli:
-a livello centrale, determinando una inibizione dell’ovulazione. Questo è ottenuto tramite un abbassamento della secrezione tonica delle gonadotropine (FSH ed LH), con conseguente abolizione del loro picco ovulatorio.
-a livello ovarico, determinando una riduzione della sensibilità alle gonadotropine unitamente ad una diminuita steroidogenesi da parte dell’ovaio stesso.
-a livello del muco cervicale, che viene reso particolarmente denso e impenetrabile agli spermatozoi da parte della componente progestinica della pillola.
-a livello endometriale, dove il progestinico induce uno stato di inattività, di riposo funzionale: azione quest’ultima che può essere più o meno evidente a seconda del cosiddetto «clima» della pillola (a seconda cioè che prevalga l’azione estrogenica o progestinica).
-a livello tubarico, inducendo un’alterata motilità interferendo così con il trasporto dell’uovo.
Capita abbastanza spesso che quando si informa la donna che richiede contraccezione sulle caratteristiche della pillola, si venga da questa interrotti affermando di rifiutare tale metodo contraccetivo perché dannoso. E’ opportuno pertanto sfruttare questa occasione per ribadire ancora una volta alcuni concetti sulla pre­sunta patogenicità della pillola. Ogni farmaco presenta ovviamente delle controindicazioni; ed è altrettanto ovvio che chi presentasse dette controindicazioni non può assumere o può assumere solo sotto stretto controllo medico tale farmaco. Questo discorso vale naturalmente anche per la pillola.
Esistono infatti delle controindicazioni assolute (casi nei quali non deve assolutamente essere usata) e delle controindicazioni relative (casi nei quali può essere usata solo con molta cautela) al suo uso. Fra le prime potremo ad esempio ricordare l’allattamento e la gravidanza, una patologia tromboembolica e/o tromboflebitica in atto o pregressa, malattie cerebrovascolari e coronariche, il cancro dell’endometrio, il cancro della mammella, il diabete ed altre.
Fra le seconde l’obesita in donne di età inferiore ai 35 anni, l’epilessia, i fibromi uterini, l’ipertensione, la depressione psichica, le cefalee, ecc.
Un discorso a parte meritano l’età ed il fumo.
Per quel che riguarda l’età, è sconsigliabile somministrare la pillola a donne di età superiore ai 35 anni ed alle giovanissime, salvo casi particolari, finchè non è stato completato lo sviluppo dell’apparato genitale interno (in effetti il problema della contraccezione nelle adolescenti è talmente complesso e delicato da richiedere in futuro una esposizione a parte). Riguardo al fumo va subito detto che l’indicazione fondamentale e quella della sua sospensione; esso infatti agisce come fattore aggiuntivo al fine di aumentare determinati rischi. Basti pensare che donne di età superiore ai 40 anni, usatrici di pillola e fumatrici di oltre 15 sigarette al giorno presentano un rischio di infarto miocardico 4 volte superiore a quello di donne della stessa età, usatrici di pillola ma non fumatrici.
Un grande allarmismo è stato fatto in tema di cancro della mammella e di cancro del collo dell’utero; questo è un esempio di come spesso le convinzioni personali di chi gestisce la salute pubblica non collimino e non tengano conto di quanto invece hanno appurato gli studi statistici. Proprio in riferimento al cancro del collo dell’utero, il fatto che ne fosse stato rilevato un maggior numero di casi fra le donne usatrici di pillola, aveva ingenerato la convinzione che l’uso della pillola predisponesse al cancro del collo uterino. In realtà non si era tenuto e non si tiene conto del fatto che le donne che impiegano un contraccettivo si sottopongono periodicamente a controllo ginecologico a differenza della popolazione femminile generale, e questo pertanto permette di identificare un maggior numero di forme neoplastiche, peraltro allo stadio iniziale e quindi passibili di una risoluzione pressoché totale. Recentemente addirittura un gruppo di ricercatori statunitensi ha affermato che la pillola svolgerebbe un ruolo protettivo nei confronti del cancro della cervice uterina, dell’ovaio e della mammella. Mentre per quest’ultimo già da tempo è stato dimostrato un ruolo preventivo della pillola (sempre che venga assunta da donne che abbiano, all’inizio del trattamento, mammelle sane), per i primi due l’affermazione ci sembra un pochino ottimistica; però l’abbiamo riportata per dimostrare che ciò che conta sono i numeri e non le «voci» spesso divulgate da fonti non attendibili. Ritornando alle caratteristiche della pillola bisogna aggiungere che ne esistono diversi tipi: quella che più comunemente viene impiegata a scopo contraccettivo è quella combinata (estrogeno+progestinico). Altri tipi sono quella sequenziale, bifasica, minipillola ed infine la trifasica. Oltre che il tipo di pillola, anche il dosaggio dei suoi componenti (estrogeno e progestinico) può variare, ed e proprio sfruttando queste differenze che si può, caso per caso, personalizzare la scelta della pillola più adatta.
Abbiamo già accennato al fatto che questo e il metodo contraccettivo caratterizzato dal più alto indice di sicurezza (0.5-0.7 gravidanze 100 donne/anno). Per quel che riguarda le modalità di somministrazione va detto che ogni «ciclo» consta di 21 confetti che si iniziano ad assumere dopo un intervello di 7 giorni durante il quale avviene la mestruazione. Prima di prescrivere una contraccezione ormonale, una volta escluse controindicazioni assolute o relative, occorre verificare che esistano le condizioni permittenti tramite un accurato esame ginecologico e laboratoristico della funzionalità epatica, renale, del metabolismo lipidico e glucidico, della coagulazione del sangue. Naturalmente occorre eseguire controlli periodici dapprima ogni 3-6 mesi ed in seguito ogni anno. Un ultimo problema da affrontare riguarda la sospensione periodica dell’assunzione: a differenza del passato quando si riteneva meno rischioso fare sospensioni frequenti, si ritiene oggi più logico attuare una sospensione di uno-due mesi dopo uno-due anni di assunzione, sempre che non sorgano problemi durante il trattamento.
In conclusione la scelta di una contraccezione ormonale può essere una scelta estremamente semplice e priva di rischi a patto che venga affrontata con senso di responsabilità sia da parte del ginecologo che, soprattutto, da parte della donna.

Dispositivi intrauterini (DIU)
Dal punto di vista storico pare che per ritrovare i primi esempi di contraccezione meccanica intrauterina occorra risalire agli arabi i quali introducevano una piccola pietra levigata nell’utero delle loro cammelle, prima di intraprendere un lungo viaggio, affinché non restassero gravide. Certamente già nel secolo scorso il problema di poter inserire corpi inerti nell’utero anche a scopo contraccettivo costituiva per certi ricercatori l’occasione per compiere tutta una serie di esperimenti. Si realizzarono infatti diversi dispositivi di forma e materiali differenti (tra i quali anche il dispositivo a forma di spirale, forma che ha poi finito per rappresentare per antonomasia questo tipo di contraccettivo) che rappresentano i progenitori degli attuali DIU. Va detto a questo proposito che un vero e proprio progresso nel campo della contraccezione meccanica intrauterina è stato raggiunto con la realizzazione dei cosiddetti DIU medicati (DIUM). Infatti dapprima si era pensato che variando la forma, le dimensioni, la consistenza dei vari tipi di DIU fosse possibile ottenere un miglioramento dell’efficacia e della tollerabilità. In realtà effetti collaterali se ne riscontravano sempre: metrorragie, dolori, espulsioni ecc. Zipper e collaboratori dimostrarono, negli anni 1969­1970, che l’inserimento di un filo di rame nell’ utero della coniglia determinava una notevole diminuzione del numero degli impianti di gravidanze. Inoltre dimostrarono che l’efficacia contraccettiva del rame era proporzionale alla superficie del filo e che da 0 a 200 mmq l’indice di Pearl scendeva da 18.3 a 1. Attualmente pertanto i tipi di DIU in commercio sono tutti quanti medicati al rame (eventualmente con un’anima di argento), sono costituiti in genere da polietilene reso radio-opaco ed hanno varie forme: a T, a 7, a V, a ferro di cavallo ecc.
Meccanismi di azione: mentre l’azione della pillola estro-progestinica si svolge a monte (col blocco dell’ovulazione) il meccanismo contraccettivo sfruttato dalla cosiddetta «spirale» si esercita verosimilmente a livello dell’annidamento, dell’impianto in utero cioè della nuova entità data dall’unione dello spermatozoo maschile con l’uovo femminile. I DIU in plastica provocherebbero infatti a livello endometriale una reazione infiammatoria da corpo estraneo (una sorta di infiammazione asettica) che renderebbe inadatto l’ambiente uterino ad accettare il prodotto di concepimento. Per quel che riguarda invece i DIU medicati al rame il meccanismo sarebbe diverso, anche se sulla sua esatta interpretazione si sta ancora discutendo: secondo alcune teorie agirebbe antagonizzando lo zinco tanto che quest’ultimo diminuirebbe a livello endometriale nella fase secretiva del ciclo nelle donne portatrici di DIUM; secondo altre agirebbe anche a livello tubarico alterando il trasporto dell’uovo dalle tube all’utero; altre infine sostengono che la presenza del DIUM provocherebbe un aumento della contrattilità della muscolatura uterina con conseguente espulsione del prodotto di concepimento.
Indicazioni e controindicazioni
Fondamentalmente le indicazioni principali sono rappresentate da quelle donne che non sono in grado di utilizzare la contraccezione ormonale, che non tollerano gli estroprogestinici o che presentano controindicazioni al loro uso.
Fra le controindicazioni ricorderemo la gravidanza, le infezioni pelviche, le malformazioni uterine, fibromi e neoplasie uterine ecc.
Per quel che riguarda gli svantaggi rispetto alla pillola ricordiamo primo fra tutti la minore sicurezza contraccettiva (2-3 gravidanze 100 donne-anno), metrorragie e contrazioni dolorose, la possibilità di reazioni infiammatorie, le espulsioni.
Inserimento e rimozione.
L’inserimento del dispositivo intrauterino è una pratica estremamente facile (in mani esperte) e assai meno dolorosa di quel che spesso viene riferito. L’effetto contraccettivo inizia subito dopo l’inserimento e si protrae per circa due anni, dopo i quali la spirale va rimossa e, se non ci sono ostacoli, sostituita nello stesso momento. La rimozione è del tutto indolore ed in genere semplicissima.
Naturalmente anche per i dispositivi intrauterini così come per la pillola, occorrono controlli ginecologici periodici allo scopo di verificare che tutto proceda regolarmente.

Sandro Viglino – ginecologo
pubblicazone 1882

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *