la biopsia prostatica

La biopsia prostatica rappresenta l’esame diagnostico fondamentale nella diagnosi del tumore della prostata. Questa procedura – introdotta ormai alcuni decenni fa – si basa sull’esecuzione di prelievi di tessuto prostatico sotto guida ecografica (biopsia prostatica “eco-guidata”). La guida ecografica è resa possibile dall’utilizzo di sonde transrettali che indirizzano l’ago per la biopsia all’interno della prostata. L’ago può arrivare alla ghiandola prostatica passando attraverso la mucosa del retto o la cute del perineo.

Dal momento che l’accuratezza dell’ecografia nel riconoscere le aree tumorali prostatiche è limitata, la biopsia prostatica eco-guidata prevede attualmente l’esecuzione di una serie predefinita di prelievi secondo uno schema standard: si tratta pertanto di un campionamento “alla cieca” o “mappatura” casuale (“random biopsy”) e – tranne che per una minoranza di casi – non è possibile eseguire prelievi mirati verso aree tumorali sospette.
Questo tipo di procedura comporta pertanto una serie di problemi:

1. La necessità di eseguire un numero elevato di prelievi comporta un rischio più alto di complicanze e tempi allungati di esecuzione.
2. La bassa capacità dell’ecografia nel riconoscere le zone tumorali determina un rischio notevole di “mancare” il tumore prostatico: circa il 30% dei pazienti sottoposti a prima biopsia prostatica con risultato negativo sono in realtà dei falsi negativi (in cui il tumore verrà diagnosticato con inevitabile ritardo solo dopo una seconda biopsia eseguita con un numero ancora più elevato di prelievi).
3. La necessità di eseguire prelievi alla cieca comporta un rischio non trascurabile di diagnosticare micro-focolai di tumori prostatici a bassissima malignità (tumori “indolenti” o clinicamente insignificanti) che espongono i pazienti ad un successivo rischio di trattamento eccessivo (“over-treatment”).

Oggi fortunatamente disponiamo di una tecnica di imaging molto più potente dell’ecografia nel vedere i tumori prostatici: la risonanza magnetica multiparametrica prostatica (RM-mp). La nuova tecnica di biopsia prostatica mirata sulle immagini della risonanza magnetica rappresenta una rivoluzione della procedura: rispetto alla tecnica di biopsia eco-guidata è risultata più accurata nella diagnosi dei tumori prostatici aggressivi e richiede un numero minore di prelievi.

In cosa consiste la risonanza magnetica multiparametrica della prostata?
Si tratta di una tecnica che sfrutta il principio delle radiofrequenze e va pertanto considerata una procedura – al pari dell’ecografia – non invasiva (non utilizza infatti radiazioni ionizzanti). Viene definita “multi-parametrica” perché prevede l’analisi di molteplici parametri relativi alla prostata: oltre alla valutazione morfologica della ghiandola, si studiano anche gli aspetti funzionali e metabolici dei tessuti prostatici in modo da aumentare la capacità di identificare le lesioni tumorali. Per ulteriori dettagli si rimanda a questo precedente articolo interamente dedicato alla risonanza magnetica multi-parametrica.

La sensibilità della metodica (ovvero la capacità di riconoscere la presenza di un tumore) è risultata estremamente elevata e pari al 90%: 9 tumori prostatici su 10 sono realmente visibili dalla RM-mp. Si tratta quindi di un notevolissimo miglioramento rispetto all’ecografia transrettale dove più della metà dei tumori risultano completamente invisibili.
Inoltre è stato dimostrato che – nell’ambito dei tumori non visibili dalla RM-mp – la maggior parte si tratta di neoplasie a bassa malignità: da un certo punto di vista è un bene non diagnosticare queste lesioni, dato che sono spesso non pericolose per la salute del paziente e fonte di possibile over-treatment (se identificate).
L’ideale sarebbe quindi sottoporre il paziente a biopsia prostatica direttamente durante l’esame di RM-mp e realizzare quindi una biopsia “RM-mirata”. Questa procedura è teoricamente possibile ma – a causa di una serie di aspetti tecnici – risulta estremamente indaginosa, lunga e costosa. In pratica si esegue solo in centri ultra-specializzati e a scopo solo di ricerca.
Per utilizzare le informazioni della RM-mp e trasformare le zone sospette in reali bersagli per la biopsia si può ricorrere alla nuova tecnica di fusione (“fusion”) delle immagini della risonanza con quelle ecografiche. In questo modo la biopsia avviene come in passato con la tecnica eco-guidata ma con immagini “potenziate” in cui sono state integrate le aree bersaglio identificate dalla risonanza.
La nuova tecnica di fusione di immagini eco-RM: il presente e il futuro della biopsia prostatica.
La possibilità di fusione delle immagini è resa possibile dalla messa a punto di apparecchi ecografici di ultima generazione in cui è possibile “caricare” e integrare quanto riscontrato dalla RM-mp. In pratica – per l’esecuzione della biopsia con tecnica fusion – è sufficiente che il paziente abbia eseguito in precedenza la risonanza magnetica ed abbia con sé il supporto informatico contenente le immagini (ovvero il CD o DVD).
Le fasi della biopsia prostatica con fusione di immagini:

1. Si importano le immagini della RM-mp all’interno dell’hardware dell’ecografo. Le immagini della risonanza possono essere quindi viste sul monitor dell’ecografo e si vanno ad identificare le zone sospette segnalate dal medico radiologo.
2. Si introduce la sonda ecografica transrettale. Il monitor dell’ecografo è diviso in due parti: in una finestra sono visibili le immagini ecografiche della prostata ottenute in diretta dalla sonda ecografica; nella seconda finestra sono presenti le immagini della RM-mp precedentemente importate. Attraverso la presenza di un magnete e di particolari sensori di cui è dotata la sonda transrettale, è possibile “navigare” attraverso le immagini della risonanza: in pratica ad ogni movimento della sonda ecografica corrisponde lo stesso “movimento” sul monitor delle immagini ottenute in risonanza.
3. Il punto chiave della tecnica è quello della fusione. Utilizzando alcuni riferimenti anatomici ben visibili in entrambe le immagini (eco e RM) si fa in modo che ci sia una perfetta corrispondenza spaziale tra ciò che si vede nelle due finestre del monitor. A questo punto – azionando un apposito comando – avviene la procedura software di fusione delle immagini ecografiche con quelle ottenute dalla risonanza magnetica. Da questo momento in poi ritroveremo le aree bersaglio (individuate con RM-mp) integrate nelle immagini ecografiche ottenute dalla sonda transrettale.
4. Si procede a questo punto all’esecuzione dell’anestesia locale e successivamente a quella dei prelievi bioptici. Se la fusione spaziale è avvenuta in modo preciso, i prelievi bioptici risulteranno perfettamente centrati all’interno delle zone sospette identificate dalla RM-mp. Questo – come già detto – trasforma la biopsia prostatica da una metodica di campionamento alla cieca in una tecnica bioptica precisa e mirata.

Efficacia diagnostica della nuova tecnica di biopsia fusion:
I risultati ottenuti in termini di accuratezza diagnostica sono così elevati che alcuni nuovi protocolli di biopsia prostatica prevedono di eseguire i prelievi solo nelle aree sospette individuate dalla RM-mp. Questo comporta una netta riduzione del numero di biopsie inutili con ovvi benefici per i pazienti.
Confrontando i risultati della biopsia eco-guidata con quelli della tecnica fusion si osserva un netto calo di casi falsi-negativi (ovvero di biopsie risultate negative in pazienti affetti da cancro prostatico): si passa infatti dal 30% a un valore inferiore al 10%.

Complicanze della biopsia prostatica con tecnica di fusione:
Le complicanze di questa metodica sono le stesse della biopsia prostatica tradizionale, ma la loro incidenza è risultata più bassa. Questo deriva ovviamente dal fatto che il numero di prelievi bioptici risulta inferiore.
Il tipo di complicanze è diverso a seconda del tragitto che viene fatto compiere all’ago bioptico (transrettale o transperineale).
Le complicanze più frequenti sono rappresentate dalla presenza di perdite di sangue nelle urine (“ematuria”), nel liquido seminale (“emospermia”) o dal retto (“proctorragia”). Si tratta quasi sempre di problemi di lieve entità e con risoluzione spontanea nel giro di alcuni giorni.
Nella biopsia transrettale esiste un rischio di infezioni urinarie dovute al passaggio di germi presenti nel retto verso la ghiandola prostatica. In rari casi può verificarsi una prostatite acuta con fastidiosi sintomi urinari fino alla ritenzione urinaria e necessità di posizionare temporaneamente un catetere vescicale. La biopsia prostatica fusion consente di ridurre notevolmente questi rischi.

Diffusione della metodica:
Gli apparecchi ecografici di ultima generazione che consentono la fusione delle immagini hanno un costo elevato (abbondantemente superiore ai 100’000 euro) e la loro diffusione nelle strutture sanitarie (sia pubbliche che private) è ancora limitata.
La nostra unità operativa urologica (la ASL 4 della Liguria situata nel levante della provincia di Genova) dispone da quest’anno di un nuovo ecografo dotato di fusion-technology (GE Loqiq S8) che ci consente di realizzare biopsie prostatiche di fusione in modo regolare e continuato.
Maggiori informazioni sull’apparecchio ecografico in questione possono essere recuperate sul sito web della casa produttrice.

Messaggio conclusivo:
La nuova tecnica di biopsia prostatica con fusione di immagini eco-RM sta rivoluzionando il percorso diagnostico nei pazienti con sospetto tumore della prostata. Sfruttando l’elevata sensibilità della risonanza magnetica multiparametrica nell’individuare le zone sospette per la presenza del tumore, questa nuova procedura bioptica consente di eseguire prelievi estremamente precisi e mirati. Questo comporta un netto miglioramento dell’accuratezza diagnostica e consente di ridurre il numero dei prelievi bioptici con conseguente riduzione del rischio di complicanze.

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