L’aerodinamica nel ciclismo

 

Il ciclismo è la disciplina sportiva che, forse, meglio si presta ad essere oggetto di analisi multidisciplinare da parte dei tecnici dello sport: alle valutazioni di carattere medico, fisiologico, biomeccanico ed a tutti gli studi che si possono eseguire sui materiali, si affianca l’importantissimo filone dell’analisi aerodinamica.

Infatti se si pensa che pedalando a 50 Km/h il 95% circa dell’energia viene spesa per vincere la resistenza dell’aria, si comprende il ruolo che questa variabile gioca sulla prestazione finale; inoltre, è noto che la “bontà” aerodinamica di una posizione è strettamente collegata alle caratteristiche antropometriche degli atleti influenzando in modo decisivo la loro capacità di produrre potenza.
Per questi motivi centri di ricerca sparsi in tutto il mondo, hanno condotto numerosi studi utilizzando atleti di diverse caratteristiche e livello di qualificazione.
L’idea di base sul quale si fondano tali studi è che la velocità massima del sistema atleta-bicicletta si ottiene quando la potenza fornita dall’atleta eguaglia la somma delle resistenze incontrate. Nella figura (Free Body Diagram) sono schematizzate le forze propulsive (azzurro) e quelle resistenti (rosso) che agiscono sul sistema ciclista-bicicletta lungo la direzione orizzontale.

È logico che quando la potenza espressa dall’atleta è maggiore della resistenza, la bicicletta accelera; nel caso inverso invece rallenta.

Lo scopo dell’allenatore è, quindi, quello di ottimizzare la prima; lo scopo del ricercatore è ridurre le seconde per quanto possibile.
Ogni ciclista è a conoscenza, se non altro per esperienza personale, che più si riduce la superficie di esposizione all’aria, più è possibile raggiungere velocità elevate a parità di “sforzo” sui pedali.
Basti osservare come i migliori passisti e specialisti delle cronometro riescono a mantenere per periodi lunghissimi il busto parallelo al terreno, la testa bassa (incassata nelle spalle) e come riescano a limitare il più possibile i movimenti di tali distretti corporei.
Per ottenere una posizione ideale si gioca su due elementi che sono la geometria del telaio e la capacità di adattamento dell’atleta. Quest’ultima, a sua volta, dipende dalle caratteristiche morfo-strutturali e da un sufficiente periodo di allenamento.
Esiste tuttavia un’altra componente aerodinamica importante sulla quale è possibile operare, componente che risulta fondamentale in altri settori sportivi ed industriali come quelli aeronautici e motoristici.
Questa riguarda la forma della superficie esposta all’aria identificata comunemente come Cx (coefficiente di forma).
L’ottimizzazione del Cx è il motivo per cui sono nate e vengono sviluppate le carenature delle motociclette, le appendici aerodinamiche delle vetture da competizione, ma anche più banalmente, il design delle autovetture stradali. Migliorare il Cx significa più velocità a parità di potenza ma anche, e soprattutto, minori consumi a parità di velocità.
Sul sistema atleta-bicicletta, non potendo utilizzare appendici e carenature, l’ottimizzazione delle forme è molto più complessa.
Nello studio del complesso uomo-mezzo di gara, la posizione con la miglior aerodinamica quasi sempre deve essere pagata in termini di minor libertà di movimento da parte dell’atleta. Questo si traduce nella ridotta capacità di fornire potenza e, più in generale, in un precoce affaticamento e nella ridotta maneggevolezza del mezzo. Queste valutazioni non possono essere sottovalutate nell’economia di una gara perché, alla lunga, gli svantaggi dovuti alla penalizzazione dell’atleta potrebbero divenire superiori ai benefici ottenuti.
Vediamo di analizzare, quindi, il problema. Il principio generale è evidentemente lo stesso, i target da raggiungere sono: ridurre la superficie di esposizione all’aria, utilizzare abbigliamento adeguato, ottimizzare i particolari del mezzo.
Cominciamo dalla bicicletta. Migliorare l’aerodinamica non significa operare, come spesso avviene forse a causa delle accattivanti offerte del mercato degli accessori, su particolari come caschi, occhiali, calzature, ecc. Questo è necessario se si è in preparazione di un record sull’ora, ma se vogliamo andare un poco più veloci nelle nostre uscite domenicali o se vogliamo faticare un po’ meno a parità di velocità, dobbiamo giocare sull’ottimizzazione di altri elementi.
Non sempre si pensa, infatti, che una delle componenti più influenti sull’aerodinamica del sistema è la ruota. Il motivo di tale importanza dipende dal movimento che la caratterizza: la ruota, infatti, è soggetta a due tipi di moto combinati tra loro. Il primo è traslatorio lungo la direzione della marcia della bicicletta; il secondo è rotatorio intorno all’asse dei mozzi. I due moti combinati tra loro determinano un curioso effetto per cui la parte superiore della ruota si muove a velocità doppia rispetto a quella della bici e con la stessa direzione perché la velocità di rotazione si somma a quella di traslazione. La parte inferiore della ruota si muove con velocità inferiore addirittura nulla del punto di contatto del pneumatico con l’asfalto.
Questo particolare fenomeno rende il comportamento della ruota molto critico dal punto di vista aerodinamico, comportamento ancora in fase di studio da parte dei ricercatori ma comunque assai influente sulla efficienza generale del mezzo. Oltre tutto, come dimostrato dall’uso delle ruote lenticolari (addirittura negative in talune circostanze), possiamo trovarci in condizioni ambientali caratterizzate da vento laterale che complica ulteriormente il problema.
Detto questo, esistono in commercio ruote che presentano indubbi vantaggi aerodinamici (profilo del cerchio, numero di raggi, profili dei raggi, ecc.) la cui utilizzazione può migliorare sensibilmente, almeno in pianura, la capacità di sviluppare velocità (e per questo si rimanda ai testi specialistici).
L’altro elemento sul quale è possibile operare con relativa facilità per migliorare le caratteristiche aerodinamiche del sistema riguarda la posizione dell’atleta. Questa deve essere finalizzata a migliorare soprattutto la superficie di sezione frontale.
Il tale ottica l’elemento di primario interesse riguarda la posizione del busto che, almeno in determinate circostanze, dovrebbe posizionarsi più basso e parallelo più possibile al terreno. Per ottenere questa configurazione si opera generalmente sulla geometria del telaio.
La possibilità di orientare il busto parallelo al terreno dipende dalla regolazione di alcuni parametri: la differenza di quota e la distanza tra sella e manubrio, l’arretramento della sella, il disegno e le caratteristiche del manubrio.
Regolazioni che apparentemente non presentano particolari problemi.
La realtà è, invece, che la posizione ideale si scontra molto spesso con le caratteristiche morfostrutturali dell’atleta.
In particolare, sono le capacità di flessibilità articolare della colonna vertebrale e di estensibilità della muscolatura che spesso limitano la possibilità di posizionarsi correttamente in bici. La presenza di dismorfismi o paramorfismi come scoliosi, dismetrie degli arti ed altro, determinano ulteriori limiti per i compensi posturali che ne derivano.
Nel ciclismo amatoriale esistono poi ulteriori variabili, come l’età mediamente più elevata dei praticanti, con la possibilità che le strutture articolari presentino processi degenerativi e infiammatori.
La posizione allungata e abbassata sollecita fortemente, infatti, il tratto lombare della colonna che inverte la sua curvatura fisiologica ed il tratto cervicale con notevole aumento della lordosi. Se tali sedi sono oggetto di processi infiammatori e degenerativi, la posizione aerodinamica può scatenare o acuire dolore e disfunzione.
L’altro importante aspetto sul quale è necessario lavorare e che viene trascurato dalla maggior parte dei ciclisti, riguarda il miglioramento della flessibilità ed elasticità dell’apparato muscolo-scheletrico.
La migliore posizione aerodinamica si può ottenere e, soprattutto, mantenere se attraverso esercizi di allungamento eseguiti abitualmente riusciamo a migliorare i gradi di flesso-estensione articolare soprattutto dei distretti più interessati.
Grande attenzione va, infatti, riposta alla muscolatura del bacino che deve essere in grado di ruotare anteriormente seguendo il busto (antiversione); una buona estensibilità della muscolatura flessoria della gamba (ischio-crurali), dell’ileo-psoas (per l’influenza che ha sulla colonna lombare) e dei dorsali, e l’elemento fondamentale per avere buoni risultati.

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