PICCOLO DIZIONARIO DELL’ANGIOLOGIA

Angiologo 

È lo Specialista che si occupa dell’anatomia, della fisiologia e delle malattie che colpiscono i vasi sanguigni (arterie, vene, linfatici).

Conosce i principi che regolano il flusso di sangue in queste strutture ed è in grado di indagare quest’ultimo con opportune manovre o strumenti. E’ in grado di proporre terapie farmacologiche o interventi chirurgici, ma soprattutto è anche in grado di indicare regole igieniche e comportamentali per prevenire le malattie di cui si occupa o almeno di attenuarne gli effetti.

Arterie
Sono i condotti che permettono al sangue di raggiungere tutti gli organi ed i tessuti, trasportando sostanze nutrienti ed ossigeno, indispensabili alla vita delle cellule.
La parete presenta tre strati: uno, più interno, si chiama “intima” ed è a diretto contatto con il sangue che fluisce; il più esterno si chiama “avventizia” ed è aderente ai tessuti che circondano l’arteria. Lo strato intermedio si chiama “tonaca muscolare”, contiene fibre elastiche e particolari cellule muscolari che, contraendosi e rilasciandosi, possono variare il calibro del condotto.

Arteriosclerosi
Si tratta della più frequente arteriopatia (malattia che colpisce le arterie). Determina ispessimento con indurimento (sclerosi) della parete del vaso con progressiva perdita delle sue normali capacità elastiche.
La parete arteriosa risulta alterata dalla deposizione di grassi derivati dal sangue (colesterolo ), dalla abnorme proliferazione delle cellule muscolari della tonaca media e da fenomeni di infiammazione e deposizione di tessuto connettivo e sali di calcio.
Il sangue scorre con sempre maggiore resistenza per la riduzione del lume .
Le piastrine (elementi figurati che circolano nel sangue con i globuli rossi) aderiscono e si aggregano sulle irregolarità della parete, stimolando il processo di ispessimento e attivando la coagulazione, con formazione di trombosi (vedi).
I risultati sono la progressiva riduzione del lume e quindi del flusso nutritivo alle cellule, la completa e rapida occlusione dell’arteria ad opera di trombosi locale o l’invio di aggregati e materiali estranei (grasso, fibrina, coaguli) che, trascinati dal sangue, colpiscono gli organi ed i tessuti cui esso era destinato. Quest’ultimo fenomeno si chiama “embolia”.
Tutte le arterie possono presentare questa malattia, con differenti sintomi avvertiti dal paziente, in relazione agli organi che vengono a soffrire per mancanza di adeguata ossigenazione.
Se le arterie coronarie, che nutrono il muscolo cardiaco, sono ammalate può verificarsi angina di petto e l’infarto miocardico.
Le arterie carotidi,che presentano un ampio tratto esplorabile nel collo, sono i principali vasi nutritivi del cervello. Quando sono alterate si possono determinare deficit della vascolarizzazione cerebrale con attacchi ischemici transitori (TIA) ed ictus con perdita transitoria o definitiva della forza e della sensibilità di arti o deficit della conoscenza. I difetti di ossigenazione agli arti inferiori riconoscono come causa la malattia arteriosclerotica dellearterie della coscia. della gamba o le grandi arterie dell’addome (arteria aorta o arterie iliache)
Il disturbo più frequentemente riferito è la claudicazione intermittente, ovvero la comparsa di dolore, interpretato come crampo ai muscoli della gamba. della coscia o del bacino, che tipicamente scompare o si attenua con il riposo e compare ogni volta che il paziente cammina e percorre un definito tratto di strada. Viene anche descritta come “Malattia delle vetrine” in quanto il paziente che passeggiando viene colto da dolore, si sofferma con la scusa di osservare le vetrine, fintantoché il dolore, con il riposo, si attenua sino a scomparire. Ma la malattia può essere anche di più grave intensità ed indurre dolore anche a riposo, prevalentemente notturno.
La pelle, importantissimo elemento protettivo sempre rinnovato dall’organismo, può deteriorarsi, vista la carenza di ossigeno e nutrienti. Ecco allora comparire le “lesioni trofiche” ovvero ulcerazioni e necrosi di aree di cute o di intieri segmenti (dita, piede) con il noto fenomeno della gangrena. La presenza di diabete da una parte costituisce fattore di rischio e peggioramento dell’evoluzione della malattia, dall’altra rende più vulnerabili all’infezione i segmenti distali e la pelle già poco irrorati.
La degenerazione della parete elastica, congiunta con l’invecchiamento, può determinare lo sfiancamento delle arterie con la comparsa di Aneurismi.
In questi casi l’arteria ha un calibro maggiore e tende, sotto la pressione del sangue, a dilatarsi sempre più sino alla inevitabile rottura.
La sede più tipica e’ l’aorta addominale anche se possono essere colpite sia l’aorta toracica sia le arterie iliache, femorali e poplitee.
L’arteriosclerosi è la prima causa di morte negli Stati Uniti ed in Italia; grandi sforzi sono attualmente indirizzati alla cura e alla prevenzione.
I fattori di rischio sono ben conosciuti e sono essenzialmente l’ipercolesterolemia ed in generale l’iperlipidemia (aumentata quantità di grassi nel sangue), il fumo di sigarette, l’ipertensione arteriosa, il diabete, fattori genetici e costituzionali, abitudini di vita sedentarie con abuso di alcool ed iperalimentazione.
La diagnosi di questa malattia così temibile e terribile è affidata alla attenta valutazione del Medico che, sentiti i sintomi del paziente, percepisce nell’esame obiettivo la riduzione dell’ampiezza delle pulsazioni lungo le principali arterie o apprezza l’aumentata pulsatilità delle arterie divenute aneurismatiche.
Spesso però questi segni sono sfumati oppure compaiono tardivamente.
Per arrivare ad una diagnosi precoce, in tutto il mondo è in atto un grande sforzo cognitivo, investito nella ricerca clinica e strumentale, con risorse tecnologiche sempre più moderne. Sono oggi disponibili esami strumentali con ultrasuoni (Ecografia, Doppler, Eco-Doppler, Eco-Color-Doppler), pletismografi e raffinate tecniche di angiografia (visualizzazione radiografica di arterie ) che permettono di misurare passo dopo passo l’evoluzione della malattia.
Anche la diffusa disponibilità dei controlli dei valori di colesterolo e grassi nel sangue permette un attento monitoraggio dei fattori di rischio.
La tendenza ad abbandonare l’abitudine al fumo di sigarette, che ormai sta diffondendosi in tutto il mondo occidentale, ha già permesso la riduzione della prevalenza della malattia nella popolazione dei Paesi più progrediti.

Benda
Sino dall’antichità si utilizzavano bendaggi allo scopo di guarire ferite, traumi e affezioni circolatorie. Esistono documenti del suo uso da parte dei Medici Greci, Romani e dell’Antico Egitto.
Con la benda si può immobilizzare un’ articolazione, stabilizzare una frattura o esercitare una pressione dalla superficie in profondità dell’arto colpito.
La pressione è direttamente proporzionale alla forza con cui la benda viene applicata e inversamente proporzionale all’elasticità (capacità di allungamento) della benda stessa.
Le bende attualmente disponibili si dividono in grandi categorie: innanzitutto esistono bende adesive che aderiscono alla cute o alla medicazione applicata: ogni spira aderisce alla spira sottostante, conferendo al bendaggio una particolare consistenza. Utilizzando bende a corto allungamento (poco elastiche) fatte aderire con una certa forza, si viene a determinare una forte pressione diretta dalla superficie alla profondità dell’arto, che incrementa con l’attività muscolare. Queste bende sono applicate normalmente dallo Specialista sia in caso di edema, flebite e ulcera (vedi) sia, talvolta, come medicazione dopo rimozione chirurgica delle vene varicose.
Un’ altra categoria è quella delle bende non adesive.
Ci sono quelle a “medio allungamento”, più robuste, quelle “a grande allungamento” più leggere. Entrambe sono disponibili nella rete commerciale e riconoscono differenti applicazioni.
Le bende a medio allungamento sono frequentemente elasticizzate anche nella direzione della loro larghezza oltre ovviamente a quella della lunghezza e si dicono quindi “biestensibili”.
Sono consigliate nella terapia dell’insufficienza venosa cronica, nella contenzione dopo safenectomia o in caso di tromboflebiti .
Normalmente si inizia dal piede, applicandole in spire regolari e ben distribuite sino all’articolazione del ginocchio.
Il malato stesso può provvedere da sé alla confezione del bendaggio, che normalmente viene rimosso durante il riposo a letto. Non è raro quindi osservare errori di applicazione quasi sempre dovuti alla non sufficiente istruzione del paziente da parte dello Specialista o del suo staff.
Bende a lungo allungamento (si perdoni il bisticcio verbale) sono indicate come supporto in caso di minima insufficienza venosa o come contenzione dopo scleroterapia di tronchi venosi di medio e piccolo calibro.
E’ un errore pensare di sostituire bende robuste a corto allungamento, che sono in grado quindi di esercitare forti pressioni, quando indicato, con bende più economiche e facili da applicare perché estesamente allungabili.
Le basse pressioni esercitabili in profondità non sono allora sufficienti a prevenire o curare l’insufficienza venosa o la sindrome tromboflebitica.
Una categoria particolare è quella delle bende coesive che non aderiscono alla pelle, ma ogni spira è in grado di incollarsi sulla spira già applicata; vengono così esercitate discrete pressioni senza causare infiammazioni o irritazioni della cute, peraltro abbastanza frequenti con i bendaggi adesivi.

Calze
Lo Specialista Angiologo frequentemente consiglia o prescrive calze elastiche contenitive.
Non si tratta ovviamente di complementi di abbigliamento, anche se l’estetica e la funzionalità hanno in questo settore enorme importanza. Occorre prima di tutto spiegare il motivo della loro applicazione. Nel caso di insufficienza venosa del sistema superficiale o profondo il sangue defluisce con maggiore lentezza e difficoltà verso il cuore e quindi aumenta la pressione all’interno delle vene.
Per bilanciare questa forza occorre contrapporre una forza a direzione contraria, diretta cioè verso la profondità, più intensa in periferia, verso il piede, e gradualmente decrescente sulla gamba e la coscia. Le calze elastiche contenitive sono la risposta tecnica a questa esigenza. Questi indumenti contengono particolari tessuti con fibre elastiche disposte in modo da esercitare una determinata pressione; i materiali impiegati sono la gomma naturale, la fibra sintetica, il cotone ed il filato tessile. La composizione relativa di questi elementi influenza il grado di pressione esercitata che dovrebbe essere più forte alla caviglia e meno intensa alla coscia,per facilitare il ritorno venoso del sangue sia in condizioni di riposo sia con l’attività muscolare.
Queste calze sono state proposte anche per ridurre l’eventualità di ulteriori sfiancamenti delle vene superficiali e per prevenire fenomeni tromboflebitici.
Dal momento che esistono differenti gradi di insufficienza venosa esistono differenti gradi di compressione elastica con calze composte da differenti combinazioni di fibre elastiche.
Un modo molto diffuso di distinguere le calze è l’indicazione dei “Denari” o “Denier”, indicati in sigla “Den” che però e’ molto imprecisa, poiché dà solo una vaga indicazione sul peso del materiale elastico utilizzato dal Costruttore.
Sarebbe preferibile utilizzare la misura della compressione esercitata dalle calze con una unità di misura di pressione ed in particolare con il “millimetro di mercurio”. Con questo metodo di misura è stata compilata una classificazione delle calze di tutti i gradi di compressione indicata con la sigla KL, che compare nella targhetta di ogni singola calza e sulle relative confezioni.
Quando non sono ancora presenti varici o segni di insufficienza profonda, ma è presente stanchezza e senso di affaticamento delle gambe sono normalmente consigliate calze di “supporto” o preventive. La pressione esercitata alla caviglia è di pochi millimetri di mercurio.Queste calze corrispondono a quelle denominate da 40-70 Denari. Sono generalmente prescritte per alleviare i sintomi soggettivi di tensione o vago dolore, in soggetti predisposti costituzionalmente o esposti a maggiori rischi in virtù della professione esercitata che obblighi a sostare lungamente in piedi. Sono anche consigliate per prevenire il peggioramento di limitate insufficienze superficiali o l’estensione di teleangectasie .
Le calze di sostegno più impegnative indicate da 140 Denari non superano i 18 millimetri di mercurio (KL 0) e sono consigliabili per modeste insufficienze superficiali o come complemento della terapia dopo interventi di asportazione di vene varicose o scleroterapia.
In questa categoria sono anche disponibili calzini maschili.
Se la malattia è più importate le calze diventano molto più robuste e fortemente elasticizzate.
Si tratta di calze terapeutiche, cioè che sono un presidio fondamentale da affiancare alle cure mediche chirurgiche.
Si dividono in quattro Classi (KL) a seconda della pressione esercitata alla caviglia: la prima classe (KL1) corrisponde a 20-30 mm Hg, la seconda a 30-40 millimetri (KL 2), la terza a 40-50 (KL 3) e la quarta fornisce addirittura 50­60 mm (KL 4).
Le calze più frequentemente prescritte sono della prima e seconda classe, indispensabili per la terapia di insufficienze varicose importanti, gravi insufficienze venose profonde o miste (superficiali e profonde).
E’ stato dimostrato che sono in grado di aumentare il flusso, di ridurre l’ipertensione nelle vene dell’arto inferiore, prevenendo le complicazioni trombotiche e le ulcere.. Le calze di classe superiore (KL 3 e KL 4) sono indicate in casi più particolari. Queste calze devono adattarsi perfettamente all’arto, sono quindi disponibili in differenti misure e conformazioni. E’ indispensabile che prima dell’acquisto si proceda alla misura della lunghezza dell’arto inferiore, delle circonferenze della caviglia, della gamba e della coscia. Le misure sono effettuate con metro da sarta quando il piede e la gamba non sono edematosi, cioè al mattino dopo il riposo notturno. La calza perfettamente “su misura” per il paziente, calibrata rispetto al grado di insufficienza da curare, rappresenta una fondamentale e bene accettata terapia Se la calza non è adatta sia per compressione sia per misura può rappresentare una autentica tortura, con aggravamento dei sintomi, o essere insufficiente e quindi essere una inutile gravosa spesa.
Poche utili informazioni sulla manutenzione delle calze elastiche.
Questi indumenti dovrebbero essere lavati in acqua fredda e solo con sapone neutro, fatti asciugare lontano da fonti di calore. Gli additivi dei lavaggi possono causare dermatite irritativa. Le calze dovrebbero essere indossate al mattino, utilizzando appositi supporti in seta da applicare al piede (normalmente fornito dalla Casa produttrice delle calze).
I guanti di gomma da massaia sono utilissimi nel facilitare la risalita della calza lungo la gamba e la coscia, riducendo il rischio di rotture del filato da parte di unghie e delle dita stesse.

Capillari
Sono le più piccole diramazioni delle arterie e delle vene, strettamente in contatto con tutte le cellule. Nel linguaggio comune sono indicati al posto delle Teleangectasie

Doppler
E’ il nome di un Fisico, Christian John che descrisse un fenomeno caratteristico di tutti i tipi di onde.
Questo effetto è applicato a strumenti ad ultrasuoni che rilevano la velocità di scorrimento del sangue (Velocimetri Doppler).
Con il calcolo delle differenze di frequenza tra gli ultrasuoni emessi e ricevuti in corrispondenza di globuli rossi in movimento è possibile stabilire la velocità del sangue, che può essere rappresentata da un suono udibile, interpretato dall’orecchio addestrato dell’esaminatore, oppure visualizzato ed analizzato in un tracciato grafico. Come è ormai risaputo gli ultrasuoni permettono di eseguire ecografie ovvero rappresentazioni bidimensionali degli organi del corpo, attraverso scale di grigi (in bianco e nero).
Le pareti delle arterie e delle vene sono quindi visualizzabili su monitor.
Con l’uso di potenti computer può oggi essere realizzata una mappa di colore sovrapposta alle immagini ecografiche dello stesso vaso ottenute in tempo reale (Eco-Color-Doppler).
È cioè possibile vedere su monitor la parete del vaso (arteria o vena), misurarne lo spessore e contemporaneamente apprezzare il flusso di sangue al suo interno con un colore che ne dipinge il lume.

Pletismografia
Il pletismografo è uno strumento che permette di misurare le variazioni di volume di un arto o di un segmento di questo, ad es. un dito, in funzione delle variazioni del flusso del sangue. Esistono vari tipi di pletismografi che sfruttano differenti principi fisici: i più diffusi misurano le variazioni di circonferenza dell’arto studiato con particolari rilevatori (strain gauges) o le variazioni del suo volume attraverso le variazioni del volume noto di un recipiente (di gas) in cui l’arto viene contenuto. Esiste poi il foto-pletismografo che in effetti non misura il volume dell’arto ma fornisce indicazioni sul flusso ed il contenuto di sangue nei plessi vascolari subpapillari: estese diramazioni prevalentemente venulari poste sotto la pelle. La luce inviata alla pelle viene in parte assorbita in funzione del contenuto di globuli rossi (quindi in funzione del flusso di sangue) nelle venule più superficiali.
E’ cioè possibile verificare se avviene un patologico ristagno di sangue in questi vasi e se l’attiva contrazione dei muscoli della gamba riesce a correggere il difetto. Con questi strumenti è possibile misurare l’entità dell’insufficienza venosa e stabilire se questa è causata da difetti del sistema venoso superficiale o profondo.
E’ inoltre possibile riconoscere l’insufficienza della pompa muscolare e porre il sospetto di trombosi venosa profonda.

Teleangectasie
Con questo termine si indicano una serie di manifestazioni in cui piccoli vasi sanguigni appaiono dilatati e abnormemente visibili. Il loro colore può essere prevalentemente blu o rosso se in queste è presente sangue arterioso. Se all’interno di queste piccole venule sono avvenute piccole trombosi ed il sangue non vi scorre con regolarità si possono presentare pigmentazioni intensamente bluastre o nerastre.
Le teleangectasie sono in sostanza minuscole vene, situate nella parte più profonda della cute, divenute visibili proprio a causa della loro dilatazione o del loro particolare colore. Il calibro varia da 0.1 a 1 millimetro.
Le teleangectasie “rosse” sono più fini con moltissimi rami, che sembrano diramarsi in tutte le direzioni da un punto centrale. Le teleangectasie “blu” appaiono più dilatate e talvolta protrudono dalla superficie della pelle; non infrequentemente possono presentare piccole emorragie o essere causa di ecchimosi (stravaso di sangue per traumi o rotture spontanee). Ovviamente entrambi i tipi possono coesistere nello stesso soggetto e nelle stesse zone.
Nella maggioranza dei casi queste alterazioni colpiscono soggetti femminili.
Tra le cause si riconosce la stasi venosa (la scarsa o inefficace progressione del sangue verso il cuore) o la presenza di reflussi venosi come nel caso di varici.
La coesistenza di vene varicose e di teleangectasie è spiegata anche con la tendenza delle vene di piccolissime o grandi dimensioni a sfiancarsi e cedere per difetti della naturale elasticità della parete. Cause particolari possono essere deficit di fattori nutritivi e costituzionali o l’assunzione di alcool. Altre cause o fattori scatenanti possono essere l’esposizione al calore, la stazione eretta prolungata o la costrizione degli arti inferiori da lacci, elastici o indumenti attillati.
E’ di comune evidenza che la gravidanza o l’uso di estroprogestinici possono favorire la comparsa o peggiorare l’estensione di teleangectasie, tuttavia sono tuttora poco chiare le ragioni di questo fenomeno. I sintomi lamentati sono essenzialmente da riferire alla sfera estetica.
L’inestetismo determinato è vissuto talvolta come un vero cruccio da parte della paziente. Alcuni soggetti possono riferire anche un vago senso di dolore, trafittura o bruciore, sintomi accentuati durante la stagione più calda o dopo lunga stazione eretta.
Il trattamento più classico delle teleangectasie è la loro microsclerosi. L’iniezione di particolari sostanze chimiche determina all’interno di questi piccoli vasi una reazione infiammatoria controllata che ne ottiene il collabimento e quindi la adesione di una parete all’ altra.
Il sangue non può più circolare e la piccola vena trattata non è più visibile. La tecnica presuppone l’uso di piccolissime quantità di liquido sclerosante, attraverso aghi molto sottili, praticamente indolori, in sedute periodiche che prevedono numerosi punti di iniezione.
Le sostanze più frequentemente usate in tutto il mondo sono glicerina cromata, polidocanolo e salicilato di sodio. Gli effetti ottenuti sono generalmente la comparsa di eritema (arrossamento) nelle zone iniettate e l’attenuazione dell’evidenza o la scomparsa delle teleangectasie dopo alcuni giorni o settimane. Talvolta il risultato perseguito non si verifica ed occorre insistere con ripetute sedute oppure possono verificarsi infiammazioni eccessive o alterazioni della pelle per sovradosaggio locale dei prodotti sclerosanti. Tuttavia questi inconvenienti sono abbastanza rari, specie se la tecnica è eseguita con correttezza da medici esperti. Gli eventi allergici sono molto rari.
Le teleangectasie possono anche essere trattate con diatermocoagulazione. Attraverso aghi molto sottili e con debolissime correnti elettriche si possono direttamente coagulare le piccole vene, interrompendo il flusso di sangue. Anche in questo caso la tecnica è quasi indolore e presenta risultati a distanza molto soddisfacenti.

Trombosi
La presenza di un trombo all’interno di un’ arteria o di una vena è denominata trombosi.
Il trombo è un aggregato di fattori della coagulazione del sangue, principalmente piastrine e fibrina, che ingloba gli altri elementi cellulari (globuli bianchi e rossi).
Il meccanismo della trombosi può arrestare l’emorragia per la rottura di piccoli vasi in caso di ferita.
Tuttavia questo fenomeno può innescarsi anche in caso di malattie delle arterie (vedi arteriosclerosi), formando un coagulo all’interno di arterie con placche arteriosclerotiche. Il trombo può occludere il lume delle arterie causando ischemia (mancanza di sangue) all’organo irrorato.
La trombosi che si verifica nelle vene ha frequentemente cause diverse quali l’eccessivo rallentamento del flusso di sangue o la innaturale tendenza del sangue a coagulare (ipercoagulabilità) oppure alterazioni della parete venosa. Può essere di difficile riconoscimento, specie se coinvolge vene del distretto profondo. Anche in questo caso il trombo può occludere la vena causando cosi un ostacolo al flusso venoso verso il cuore. Quando il trombo si stacca dalla parete e viene trascinato dal sangue viene denominato”embolo”, e , nel caso del sistema venoso, può arrivare sino ai polmoni causando “embolia polmonare” dalle possibili gravi conseguenze (insufficienza respiratoria acuta o cronica, arresto cardiocircolatorio) .

Ulcera
L’ulcera è un difetto locale, un’escavazione alla superficie della cute, prodotta dal distacco di materiale necrotico o infiammatorio, senza la tendenza alla spontanea cicatrizzazione. L’angiologo è chiamato a trattare nella stragrande maggioranza dei casi ulcere localizzate all’estremità della gamba e al piede. Il 90% delle ulcere riconosce come causaun’insufficienza venosa. Il restante 10 % ha come causa la presenza di insufficiente apporto arterioso, infiammazione cronica, diabete, malattie del collageno, in varia combinazione poi con stasi venosa o linfatica.
Gli aspetti dell’ulcera sono molto differenti.
Nel caso di ulcere da insufficienza venosa la sede tipica è il malleolo mediale, mentre nel caso di lesioni arteriose possono essere interessati settori più periferici quali la regione del calcagno, il dorso le dita del piede.
La presenza di infezione conferisce i caratteristici aspetti con bordi macerati, secrezione di materiale corpuscolato, fetore.
I sintomi soggettivi sono molto variabili: spesso piccole ulcerazioni, con componente infiammatoria spiccata e causa arteriopatica sono molto dolenti mentre ampie ulcere, dovute ad insufficienza venosa sono poco o per nulla dolorose e sono tollerate magari per mesi od anni.
La terapia più appropriata deriva dalla precisa diagnosi.
Nel caso di arteriopatia o diabete sono necessari il ripristino di un adeguato apporto di sangue e del compenso metabolico, altrimenti le lesioni diventano sempre più profonde ed estese.
Nel caso di ipertensione venosa con stasi la compressione elastica con bendaggi, il rialzo dell’arto o la bonifica del reflusso patologico possono condizionare favorevolmente il decorso della lesione.
Le tecniche di cura sono abbastanza semplici e bene codificate.
Se esite infezione deve essere trattata con opportuna terapia antibiotica e medicazione.
La compressione elastica che riduca la stasi venosa e l’edema è quasi sempre adottata. Ecco allora applicare bendaggi adesivi, oppure rimovibili e anche calze opportunamente compressive.
Le ulcere più impegnative e ribelli sono quelle a genesi mista (infiammatoria, arteriopatica, flebopatica).
In questi particolari casi sono stati proposti innesti dermo epidermici. Sono interventi normalmente praticati dal Chirurgo Plastico che prevedono il trasferimento di lembi di cute sana, prelevati normalmente alla coscia del paziente, nella sede dell’ulcera.
La percentuale di attecchimento è variabile e dipendente dalle condizioni dell’ulcera.
Una recente proposta deriva dalla attuale disponibilità di lembi di epidermide (lo strato più superficiale della pelle) conservati a bassissime temperature (intorno a ­70 gradi centigradi) e biocompatibili per ogni ricevente.
Si tratta di una medicazione con materiale biologico che dovrebbe stimolare le capacità di cicatrizzazione nel ricevente.
Una volta curata l’ulcera frequentemente si assiste alla sua recidiva, sia per la fragilità della nuova cute formatasi sulla cicatrice, sia per il persistere dei fattori predisponenti e determinanti.

Vene
Il sangue che ha nutrito le cellule e ha ceduto ossigeno deve scorrere dalla periferia, dai tessuti, verso il cuore e successivamente essere da questo spinto verso i polmoni per depurarsi e riacquistare ossigeno. Le vene sono profonde e superficiali, hanno pareti similli alle arterie ma sono più elastiche e distensibili. La velocità è lenta e in questi vasi la pressione è molto bassa.
Cosa spinge il sangue dalla periferia, in particolare dai piedi verso il cuore?
Il maggiore contributo è dato dalla “pompa muscolare”: i muscoli contraendosi schiacciano e modellano le vene favorendo, in condizioni normali, il flusso in un’unica direzione, verso il cuore, grazie alla presenza di valvole che ne impediscono il reflusso. Giocano un ruolo anche i movimenti respiratori del diaframma e quindi le variazioni della pressione addominale, congiunti ad una piccola quota dell’energia della gittata cardiaca.
Quando si verifica e cosa significa l’insufficienza venosa
Se in un distretto venoso la pressione sale in modo abnorme le cause possono essere nella difficoltà a procedere del sangue verso il cuore (ostacolato deflusso) o nella incapacità delle valvole a convogliare correttamente il flusso nella direzione favorevole (reflusso) Oppure entrambi i meccanismi in varia misura sono combinati. Ma l’aumento della pressione in vasi delicati e dalle pareti deboli significa dilatazione delle vene con rallentamento ulteriore del flusso e quindi ristagno di sangue, ricco di sostanze irritanti. L’emoglobina, contenuta nei globuli rossi che non sono più trattenuti dalle microscopiche venule, si deposita nei tessuti e così appaiono le pigmentazioni caratteristiche.
Anche liquidi e proteine filtrano verso i tessuti, che vengono a contenere tra una cellula e l’altra più liquido del normale (edema).
Nelle vene superficiali (ad esempio la grande safena) si assiste allo sfiancamento delle pareti con la formazione di varici.
Se l’eliminazione di scorie da parte dei tessuti è ostacolata si innescano irritazioni delle terminazioni nervose (e quindi il paziente avverte prurito, dolore, trafitture e crampi) e la pelle viene a deteriorarsi, presentando dermatiti (infiammazione della cute e dei suoi annessi) e ulcerazioni (vedi ulcera).
La terapia razionale di tutte queste manifestazioni dell’insufficienza venosa è la riduzione della abnorme pressione nelle vene.
Questo si può attuare ad esempio con il rialzo dell’arto sopra il livello del cuore (atteggiamento non molto pratico per la vita comune ma efficace nell’aumentare per pure ragioni idrodinamiche il deflusso venoso).
Un’altra operazione è l’applicare una pressione orientata verso la profondità dell’arto (vedi Calze). Le vene superficiali che determinano patologici reflussi possono essere asportate (è il caso degli interventi chirurgici di safenectomia) o eliminate dal circolo con scleroterapia.

Vittorio Villa – chirurgo vascolare
pubblicazione del 1995

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