tiroide e gravidanza

Funzione tiroidea e gravidanza
Durante la gravidanza si crea una condizione di aumentato carico funzionale per la tiroide che deve far fronte a stimoli diversi che intervengono fisiologicamente dal momento del concepimento. Per prima cosa, la tiroide viene maggiormente stimolata in quanto la quota “libera” di ormoni tiroidei, cioè non legata alle proteine di trasporto e quindi attiva, diminuisce in gravidanza come conseguenza dell’aumento degli estrogeni secreti in grande quantità dalla placenta. Si assiste pertanto ad una attivazione del meccanismo di feedback con conseguente stimolazione della secrezione ipofisaria di TSH ed aumento della sintesi e secrezione di ormoni tiroidei da parte della ghiandola fino al ristabilirsi dell’equilibrio.
Inoltre, nel corso del primo trimestre di gravidanza la tiroidea materna è stimolata dalla gonadotropina corionica (CG) in quanto questo ormone ha una grande affinità strutturale con il TSH. L’effetto più importante della CG sul profilo tiroideo è rappresentato da un lieve incremento dei livelli sierici di tiroxina libera (FT4) nelle prime settimane di gravidanza e dalla conseguente riduzione della concentrazione del TSH, che è pertanto da ritenersi fisiologica.
Un terzo fattore è l’aumento del fabbisogno giornaliero di iodio per compensare l’aumentata escrezione urinaria conseguente all’aumento degli estrogeni, alle modificazioni della funzione renale tipiche dello stato gestazionale ed alla presenza della tiroide fetale.

Ipertiroidismo e gravidanza
L’ipertiroidismo colpisce circa lo 0.2% delle gravide. La causa più comune è il Morbo di Graves-Basedow (85-90%), mentre il gozzo uni- o multinodulare iperfunzionante è meno frequente. La diagnosi di ipertiroidismo in gravidanza non è sempre ovvia dal momento che molti dei sintomi tipici quali tachicardia, ipersudorazione, dispnea da sforzo e nervosismo sono caratteristici anche di una gravidanza normale. Le complicanze nella madre includono aborto, distacco di placenta e parto prematuro e, nelle donne con scarso controllo dell’ipertiroidismo è possibile anche l’insorgenza di scompenso cardiaco e crisi tireotossica con un alto rischio di preeclampsia. Per quanto riguarda il feto è stato osservato ritardo di crescita intrauterina, prematurità e ipertiroidismo neonatale da passaggio transplacentare di anticorpi tireostimolanti. Non c’è dubbio, quindi, che l’ipertiroidismo in gravidanza debba essere trattato al più presto al fine di ridurre la percentuale di complicanze.
Morbo di Graves-Basedow in gravidanza
La diagnosi differenziale di questa patologia tiroidea autoimmune non è difficile e può essere confermata dai test di laboratorio. Nelle pazienti in cui la malattia è attiva la terapia di scelta è la terapia medica dal momento che il radioiodio è controindicato in gravidanza e la chirurgia deve essere impiegata solo nei casi in cui è presente gozzo di notevoli dimensioni con segni e sintomi di compressione oppure se l’ipertiroidismo non è controllato dalla sola terapia medica. Il periodo migliore per l’intervento chirurgico è il secondo trimestre di gravidanza dal momento che nel primo trimestre vi è un più alto rischio di aborto.
La paziente deve essere informata che se la diagnosi è stata posta correttamente ed il trattamento iniziato subito, la prognosi sia per la madre che per il feto è eccellente. Sebbene sia stato suggerito che il Propiltiuracile (PTU) è preferibile in gravidanza rispetto al metimazolo (MMI) per i rari casi descritti di aplasia cutis riportati in letteratura in donne che assumevano quest’ultimo farmaco, l’esperienza clinica dimostra che ambedue i farmaci sono egualmente efficaci e sicuri nel trattamento dell’ipertiroidismo nella gestante. La dose di PTU (o MMI) dovrà essere la minima indispensabile per mantenere la paziente eutiroidea e per evitare la possibile insorgenza di gozzo ed ipotiroidismo fetale. La bassa emivita in circolo dei farmaci tireostatici evita che siano presenti in alte concentrazioni nel latte materno, perciò le donne in trattamento con PTU o MMI possono allattare senza grossi rischi.

Gozzo uni o multinodulare in gravidanza
In questi casi l’ipertiroidismo è generalmente più lieve di quello associato al Morbo di Graves-Basedow e il trattamento è quasi sempre medico rimandando la terapia definitiva a dopo l’espletamento del parto.
Ipotiroidismo e gravidanza
L’ipotiroidismo colpisce circa il 2.5-5% delle donne in gravidanza. La causa più comune di ipotiroidismo in gravidanza è la tiroidite autoimmune nelle sue varianti con gozzo (tiroidite di Hashimoto) o atrofia ghiandolare (tiroidite atrofica). Il ruolo preminente delle tireopatie autoimmuni come causa dell’ipotiroidismo in gravidanza è confermato dal rilievo di anticorpi anti-TPO nel 50-60% delle gravide con ipotiroidismo subclinico e nella quasi totalità di quelle con ipotiroidismo franco.
Come per l’ipertiroidismo, è difficile distinguere clinicamente tra i sintomi della gravidanza e quelli dell’ipotiroidismo, ma se non riconosciuto e trattato, l’ipotiroidismo può avere effetti negativi sul benessere materno e fetale. Le complicanze più frequentemente osservate sono l’ipertensione arteriosa nell’ambito di una preeclampsia, basso peso alla nascita, distacco placentare, morte fetale endouterina, malformazioni congenite. E’ stato inoltre osservato un minor quoziente intellettivo nei figli di madri ipotiroidee non trattate o non sufficientemente trattate in gravidanza. Infatti il passaggio transplacentare di tiroxina dalla madre al feto nelle prime settimane di gestazione, quando la tiroide fetale non ha ancora cominciato a funzionare, è molto importante per un completo sviluppo cerebrale del feto. E’ necessario, quindi, che l’ipofunzione tiroidea della gestante sia diagnosticata e corretta con la terapia sostitutiva nel minor tempo possibile. L’aumento dei livelli di TSH nel siero è l’indice più sensibile e specifico per la diagnosi di ipotiroidismo primitivo in gravidanza. Quindi la misurazione del TSH circolante dovrebbe essere effettuata nel corso della prima visita in ogni paziente gravida con anamnesi personale o familiare positiva per patologia tiroidea, diabete mellito, autoimmunità tiroidea o altre patologie autoimmuni. Naturalmente il trattamento dell’ipotiroidismo si basa sulla terapia sostitutiva con l’ormone tiroideo poichè l’assunzione di L-tiroxina durante la gravidanza è sicura e non ci sono in seguito controindicazioni all’allattamento. La dose sostitutiva di L-tiroxina è maggiore in gravidanza rispetto al periodo pre e post gravidico e, dopo l’inizio del trattamento sostitutivo, i livelli del TSH e degli ormoni tiroidei liberi devono essere controllati 1 volta al mese e la dose di L-tiroxina aggiustata di conseguenza per tutto il periodo della gravidanza. Dopo il parto la dose di L-tiroxina deve essere riportata a quella somministrata prima della gravidanza.

Dipartimento di Malattie Endocrine e Metaboliche
Ospedale San Luca, IRCCS Istituto Auxologico Italiano
Piazzale Brescia, 20-20149 Milano
Email: l.fugazzola@auxologico.it

Dott.ssa Laura Fugazzola
Professore di Endocrinologia, Università di Milano
Dott.ssa Guia Vannucchi
Specialista in Endocrinologia
Dott. Luca Persani
Professore di Endocrinologia, Università di Milano

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *